lunedì 21 dicembre 2009

Prc Salandra: attivo di circolo sul rinnovo del Consiglio Regionale di Basilicata

In data 18 dicembre 2009, alle ore 17, è convocato l’attivo di circolo. Verificata la presenza dei compagni si dichiara aperta la discussione alle ora 17, 30.

Come richiesto dalla Segreteria Provinciale, il circolo è chiamato ad esprimersi circa le possibili alleanze in vista delle prossime elezioni regionali.

Gli interventi dei compagni rimarcano criticamente le posizioni assunte dalla Giunta De Filippo, particolarmente carente in materia di Politiche sociali e di sviluppo. Dalla crisi della Valbasento alla svendita del territorio alle lobbies, vengono evidenziati con particolare preoccupazione e sconforto l’incapacità e la connivenza della classe dirigente lucana rispetto a tali accadimenti. Il quadro generale del centrosinistra risulta poco edificante, ciononostante va evidenziata una forte debolezza del nostro partito, smembrato dalle sconfitte elettorali e dalle scissioni. Il segretario, presa la parola al termine degli interventi, presenta la seguente proposta da vagliare al voto dell’assemblea:

Il circolo Prc di Salandra, ha esaminato la situazione politica regionale e valutato i vari scenari possibili circa le alleanze in vista della competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale


CONSIDERATO


che la crisi strutturale del nostro partito ci impedisce avventure elettorali al di fuori dell’alleanza di centrosinistra;

che l’atteggiamento del Partito dei Comunisti Italiani è rivolto ad un totale appiattimento verso il centrosinistra;

che la nostra rappresentanza sul territorio sarebbe ulteriormente compromessa qualora non si riuscisse a riconfermare la nostra presenza in seno alle istituzioni regionali;


PROPONE


alla Segreteria Regionale di proseguire sulla strada di un buon accordo con il centrosinistra, facendo leva su quelle spinte di rinnovamento intraviste nella base e nelle nuove classi dirigenti dei partiti dell’alleanza e portando all’attenzione della coalizione il dramma della disoccupazione che investe grossa parte della popolazione lucana, la tutela del territorio dallo sfruttamento selvaggio, nonché il problema irrisolto dello spopolamento dei piccoli centri, stritolati da crisi economica ed isolamento ancestrale.


PROPONE ALTRESI’


di convocare quanto prima un tavolo di discussione con il Pdci per far prendere forma anche in Basilicata alla Federazione della Sinistra, creando un coordinamento che porti alla presentazione di liste comuni.


La proposta è messa ai voti ed approvata all’unanimità.


Se la morte di Cucchi è già dimenticata

da "Il Corriere della Sera", 21 dicembre 2009, pag. 33

di Pierluigi Battista

Gentile signora Ilaria Cucchi, solo per dirle che non è unanime il silenzio piombato sulle circostanze ancora misteriose della morte assurda di suo fratello Stefano. Solo per constatare quanto sarà improbo, per lei e la sua famiglia, mantenere lo stile esemplare sin qui dimostrato. Nessuna invettiva, nessuna imprecazione da parte vostra, persino una presa di distanza, severa e fiera, da chi voleva prendere a pretesto la morte di Stefano Cucchi per legittimare la violenza di strada e gli insulti contro lo Stato democratico. Una lezione per tutti. Tranne per quello stesso Stato democratico che non sembra prendere a cuore questa vicenda e sembra non curarsi del terribile sospetto che nelle sue prigioni un detenuto possa essere percosso, e addirittura morire nella solitudine e nella sciatteria.

L'Italia è fatta così. dapprima sembra scossa da un sussulto di dignità quando apprende che un ragazzo come Stefano Cucchi esce tumefatto dopo una notte di detenzione, devastato da lesioni di cui non si comprende l'origine, costretto a una degenza ospedaliera incomprensibilmente sottratta alla vista dei suoi familiari ignari della sorte che di lì a poco si porterà via un figlio e un fratello arrestato qualche giorno prima. Poi, gradualmente, quella vicenda passa in secondo piano. Le immagini del corpo di Stefano Cucchi sbiadiscono. L'indignazione perchè qualcuno possa aver malmenato un giovane si attenua. I medici dell'ospedale che non forniva nessuna notizia a lei e ai suoi genitori sono stati reintegrati. I carabinieri e gli agenti penitenziari si rimpallano le responsabilità. Non si sa più a che punto siano le indagini. Non si tiene in nessun conto persino il documento del Dap che ha ammesso una sequenza impressionante di errori, negligenze e prepotenze. Scema l'attenzione dei media. E nessuno sembra voler rispondere alla domanda fondamentale che lei e i suoi genitori andate tenacemente ripetendo ormai da mesi: come e perchè è morto Stefano Cucchi?

E' sempre più difficile chiederle, signora Cucchi, di mantenere la linea di condotta che ha sin qui caratterizzato la vostra sacrosanta azione di denuncia. Sappia però che non tutti i cittadini italiani sono disposti a sorvolare sul sospetto che nelle carceri di uno Stato democratico, in cui il rigore della legge non può essere disgiunto dalla tutela intransigente della dignità delle persone, qualcuno possa percuotere e malmenare un detenuto, chiunque esso sia. Proprio in questi giorni i radicali stanno sollevando su un altro terribile caso, quello di Aldo Bianzino, trovato morto in cella a Perugia nel 2007, con lesioni interne causate da non si sa che cosa. La speranza è che la morte di suo fratello Stefano non ripiombi nell'indifferenza generale con cui è stata accolta la morte di Bianzino. Purtroppo la speranza appare sempre più irragionevole. Tenga duro, signora Cucchi, anche per tutti noi.

"Pronti ad accettare Casini premier pur di battere la destra di Berlusconi"

Il segretario di Rifondazione Ferrero disponibile ad un "fronte comune" con Pd, Udc e Idv.

da "La Repubblica", 21 dicembre 2009, pag. 19

di Umberto Rosso

"Sono pronto ad allearmi con il Diavolo, a questo punto". Il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, è preoccupato. Dopo la caduta del governo Prodi e la "corsa" solitaria alle ultime elezioni, mette sul tavolo la disponibilità a organizzare una nuova alleanza per battere il Cavaliere. E' pronto persino ad accettare che sia Pier Ferdinando Casini il candidato alla premiership. "Berlusconi minaccia la democrazia- avverte -. Siamo al golpismo strisciante".

Il Pdl la accuserà di seminare odio.

"Io sono un non-violento, ma non mi faccio imbavagliare. Che un mattacchione sia arrivato in piazza Duomo con una statuetta, non dimostra alcun complotto. E' il nostro Paese a rischio con questo premier".

Che cosa pensate di fare?

"Da segretario della Federazione della sinistra, oltre che di Rifondazione, lancio una proposta a chi ci sta. Un fronte comune per liberarci di Berlusconi, una coalizione di difesa della Costituzione".

Compresi Casini e Di Pietro, oltre al Pd?

"Tutte le forze disponibili. Casini ha già parlato, sostanzialmente, di un nuovo Cnl anti-Berlusconi. Sono d'accordo con lui".

Un fronte comune che si presenti insieme in caso di elezioni anticipate?

"Certamente. Con al centro due questioni-chiave. Primo: difesa della democrazia e legge sul conflitto d'interessi. Secondo: una futura legge elettorale, sul modello tedesco, per chiudere con la sventurata stagione del bipolarismo".

Rifondazione non aveva rotto per sempre con i governi di centrosinistra?

"Infatti noi non entreremo a far parte di un eventuale esecutivo, se la coalizione dovesse vincere le elezioni. Si faccia un "accordo di governo" all'interno del fronte comune, fra le forze che lo condividono. La sinistra ne resterà fuori, non ripeteremo l'esperienza del governo Prodi".

Senza mettere becco nella scelta del leader, dovesse essere anche Casini o un uomo di centro?

"Senza mettere becco sul candidato premier, è una questione che riguarderebbe i partiti che hanno firmato l'accordo di governo".

Una specie di neo-desistenza politica tra Rifondazione e il centrosinistra.

"Io la chiamo una somma di voti per l'emergenza democratica".

E poi il Prc ricomincerebbe come al solito a far ballare in Parlamento la coalizione.

"Con l'attuale legge elettorale, il premio di maggioranza è tale da assicurare pieni margini di manovra all'interno del governo".

Insomma, i parlamentari eletti della sinistra stavolta non avrebbero i numeri per far saltare il centrosinistra. Franceschini, però, ha appena detto di no al modello tedesco.

"Dentro il Pd altri dicono di sì, e lo dice anche Casini. Vedano un pò, nel partito democratico, se è proprio il caso di andare avanti con la sciagurata teoria veltroniana dell'autosufficieza, e lasciare così il paese nelle mani del presidente del Consiglio. Che può ridurre uno come Fini a sua appendice proprio grazie alla legge che c'è. Un meccanismo infernale che mette insieme persone che non hanno nulla in comune, un Pisanu con tipi alla Borghezio".

Ci risiamo? Ha pure paragonato Berlusconi al mostro di Marcinelle.

"Non ho affatto detto che il premier è un mostro, ma che mettere nelle sue mani le riforme è come affidare un asilo al violentatore di Marcinelle".

E alle regionali, segretario?

"Non mettiamo veti, ma confronto sui contenuti. Come la nostra campagna referendaria sul nucleare e la privatizzazione dell'acqua. Pronti a sostenere Vendola in Puglia ma a Sinistra e Libertà chiediamo di difenderci in Lombardia dai diktat pd di Penati".

sabato 19 dicembre 2009

Sinistra in costruzione, Paolo Ferrero: "Uniamo le forze per contrastare governo e centristi"

da Il Manifesto, 19 dicembre 2009, pag. 5

"Sono contento che dagli insulti si sia passato all'idea che con la Federazione della Sinistra si possa discutere e confrontarsi". Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione e portavoce a tempo ( fino a marzo) della federazione tra Prc, Pdci e associazioni, ha letto con piacere l'intervista su Gli Altri con cui il governatore pugliese apre il dialogo con i compagni di un tempo. "Avevamo già proposto a tutte le forze della sinistra d'alternativa- da Ferrando a Cannavò a Vendola- di provare a mettere insieme le forze per evitare di disperdere voti alle regionali"ricorda Ferrero. "Le scissioni hanno proposto solo disastri- insiste- e anche se secondo noi il modello della Federazione è il più ragionevole per rafforzare la sinistra, c'è bisogno di un fronte più ampio possibile per contrastare lo spostamento moderato del Pd e dei centristi".

La tua proposta è solo un cartello elettorale o c'è qualcosa di più?

Non è solo un problema di rapporto tra partiti. Noi pensiamo che dobbiamo trovare un accordo per rafforzare quei contenuti su cui a sinistra siamo tutti d'accordo: la sanità e la scuola pubbliche, il no alla tav, il no al nucleare e il si alle energie alternative. Cioè su tutte quelle cose su cui le regioni hanno potere. Gli enti locali sono fondamentali anche perchè possono riorientare le scelte contro la crisi economica con interventi opposti a quelli del governo.

Ne va anche della vostra sopravvivenza.

Dobbiamo opporci unitariamente ai tentativi di emarginazione che arrivano da questa offensiva moderata. Per questo nonostante Nichi ci abbia escluso dalla giunta, come Rifondazione abbiamo immediatamente appoggiato la sua ricandidatura in Puglia. Perchè l'operazione contro di lui è stata vergognosa. Allo stesso modo, respingiamo i tentativi di Penati in Lombardia di lasciare le falci e martello fuori dalla coalizione o le offensive dell'Udc in Piemonte per privatizzare la sanità. Che ha gestito per cinque anni senza nessuno scandalo proprio un assessore di Rifondazione. Una politica che ha aumentato la quota pubblica nella cura e l'assistenza. Quindi se c'è unità di contenuti e più forza contro le spinte centriste all'emarginazione possiamo recuperare pienamente l'autonomia dal Pd.

Sei appena stato eletto portavoce della neonata Federazione della sinistra. A che punto siete?

Abbiamo costituito un consiglio nazionale in cui ci sono i rappresentanti delle quattro forze promotrici ma anche rappresentanti di associazioni e movimenti diversi. In concreto, proponiamo a tutta l'opposizione una grande campagna referendaria che abbia al centro l'acqua pubblica e il no al nucleare ma soprattutto l'abolizione della legge 30 contro la precarietà. Perchè pensiamo che dentro questa crisi c'è chi taglia posti di lavoro e vuole precarizzare ancora di più. Se vogliamo ricostruire una produzione che abbia al centro il lavoro e non la sua trasformazione in una merce a basso costo è necessario contrastare la legge 30 e generalizzare a chiunque perda il lavoro quegli ammortizzatori sociali che oggi vanno solo a 1 licenziato su cinque.

Chi volete coinvolgere contro la precarietà?

Lo chiediamo a tutti quelli che erano in piazza il 5 dicembre dal "popolo viola" al Pd alla sinistra ai Verdi a Di Pietro. La campagna contro la precarietà secondo noi è uno sviluppo del "No B Day". Perchè quella è stata la manifestazione di una generazione giovane e precaria che reso quel corteo diverso da una sfilata di ceti medi riflessivi come nei "girotondi" di Moretti. Per noi il "no al berlusconismo" sul piano della democrazia si accompagna alla lotta per migliorare le proprie condizioni di vita.

A proposito di lavoro. Tra poco c'è il congresso della Cgil. Qual è la posizione della Federazione?

Ora parlo come segretario di Rifondazione ma penso che valga anche per gli altri. Riteniamo che l'attuale pratica della Cgil non sia sufficiente per reggere il livello dello scontro che hanno aperto il governo e la Confindustria. Per noi serve discontinuità e un salto di qualità che metta al centro vertenzialità a tutti i livelli contro la crisi. Per costruire un vero movimento di massa in cui lo sciopero generale è un punto ma non è l'unico. Altrimenti c'è il rischio che le scelte giuste della Cgil, che non ha accettato i ricatti del governo, non abbiano il supporto necessario. Pensiamo anche che, per questo, vada ricostruito un rapporto tra la Cgil e il sindacalismo di base. Sul congresso comunque non appoggiamo nessuna mozione perchè l'autonomia del sindacato vale nei due sensi. Diciamo le cose che pensiamo senza entrare nel voto degli iscritti. Il Prc per esempio appoggia la Fiom sulla democrazia sindacale perchè condivide quella battaglia. Per capirci, questa Rifondazione non è quella che fece l'area dei comunisti dentro la Cgil.

giovedì 17 dicembre 2009

Finanziaria 2010 evasori premiati lavoratori puniti

da Liberazione, 17 dicembre 2009, da pag. 1

di Frida Nacinovich

La Finanziaria 2010 non è "light" come la voleva in ministro Tremonti. E' diventata "strong" passando da 4 a 9 miliardi, travolgendo lavoratori e studenti, gli evasori no, quelli si riparano sotto lo scudo fiscale. Welfare, scuola e università subiscono i colpi più duri, anche la sanità pubblica viene aggredita, si salva in parte solo grazie all'opposizione delle regioni,poteva andarle ancora peggio. La metà dei soldi- dice il governo- arriverà dallo scudo fiscale, altri 3 milioni verranno versati dall'Inps, sono quelli del Tfr dei lavoratori dipendenti del settore privato. Un miliardo sarà risparmiato grazie all'accordo con le province di Trento e Bolzano.

La manovra che doveva essere leggera è diventata pesante, anche perchè alla fine Giulio Tremonti ha ceduto ad alcune richieste dei suoi colleghi parlamentari della maggioranza. E' quello che in gergo viene chiamato "assalto alla diligenza". Si è puntualmente verificato anche in questa occasione. Non hanno trovato invece posto nella manovra i tagli delle tasse per famiglie e imprese. Non hanno trovato posto gli incentivi per auto, elettrodomestici, mobili e macchinari utensili che dovrebbero essere contenuti, insieme a sostegni per l'acquisto di computer, in un decreto legge che il governo dovrebbe varare a gennaio. E sempre a gennaio sono rinviati alcuni "nodi" irrisolti, a partire dal tetto ai contributi per l'editoria su cui il ministro dell'Economia ha già annunciato una retromarcia. Staremo a vedere. Di sicuro si profila un aumento di Irap e Irpef nelle regioni dove i conti della sanità sono in rosso. Avanti Savoia.

Con 307 si e 271 no l'aula di Montecitorio dà il via libera alla fiducia sulla Finanziaria. E' la ventisettesima da inizio legislatura. "Lo scudo fiscale rappresenta la più grande manovra finanziaria mai fatta negli ultimi anni" dice il ministro dell'Economia Tremonti. Che indica la cifra di 80 miliardi come possibile traguardo, in realtà fra gli addetti ai lavori circolano cifre ancora superiori, intorno ai 100, 110 miliardi. La spia di un'evasione sistematica, dato incontrovertibile nella storia della Repubblica, sul quale- altro dato storico e incontrovertibile- i governi hanno quasi sempre risposto con condoni più o meno mascherati.

La scelta della fiducia viene difesa dalla maggioranza. Anche se Umberto Bossi ammette: " Se mettono la fiducia è perchè ci sono dei dubbi che succedano pasticci". Una scintilla di sincerità. All'opposto il commento di Fabrizio Cicchitto: " La fiducia non è espediente deplorevole, ma una diretta assunzione di responsabilità". Parole che suonano come una risposta al Presidente della Camera Gianfranco Fini, che il giorno prima aveva criticato la scelta del Governo. E che nel pomeriggio ha avuto un lungo colloquio con Tremonti. "Con Fini i rapporti sono sempre buoni", dice il ministro dell'Economia. Credergli? I quotidiani di proprietà o sotto controllo del Cavaliere continuano a dipingere Fini come un leader criptocomunista, un pericoloso oppositore interno alla linea del caro leader Berlusconi. C'è chi si spinge a definirlo un traditore, un seminatore d'odio, ecc, ecc. In questo scenario non è facile pensare che l'incontro Fini-Tremonti sia finito a tarallucci e vino. Anche se le note ufficiali parlano di rapporti cordiali.

Dure le opposizioni. In particolare l'Idv che parla di un "governo piduista che si occupa solo degli interessi del presidente del consiglio". Mentre l'Udc annuncia un suo "no" perchè questa Finanziaria "ha troppo poco per il lavoro e la famiglia". Infine il Pd che, per bocca di Dario Franceschini, vede nella manovra economica "un altro passo verso una crisi non dichiarata. La fiducia per voi non è più neanche un modo per contrastare l'opposizione ma un modo ordinario per legiferare". I deputati dell' Mpa non partecipano al voto: "Manca il sud". Roberta Fantozzi di Rifondazione Comunista boccia senza appello la manovra: " Si premiano gli evasori e non si fa nulla per alleggerire la pressione fiscale su lavoratori e pensionati. Non c'è nessun intervento sugli ammortizzatori, non ci sono risorse per il contratto del pubblico impiego, c'è un'ulteriore destrutturazione del lavoro con lo staff leasing e altri espedienti. Sulla sanità c'è comunque una stretta". E ancora: " La scuola è la più danneggiata: confermati i tagli della 133(9 miliardi e mezzo nel triennio) , altri 130 milioni alle private".

La manovra passa con la fiducia, prendere o lasciare, a scatola chiusa. Nessuno spazio alla discussione parlamentare, sia a quella fra maggioranza e opposizione che quella interna alla maggioranza. Il governo Berlusconi si trincera. Dietro lo scudo fiscale.

Risposte sulla Federazione della Sinistra

da Liberazione, 17 dicembre 2009. da pag. 1

di Claudio Grassi

Vorrei parlare delle critiche che vengono mosse a Rifondazione Comunista rispetto alla scelta compiuta di dare vita alla Federazione della Sinistra. Lo faccio perchè ritengo che se abbiamo qualche speranza di uscire dalle difficoltà enormi in cui ci troviamo ( e non so se ci sia in tutti noi la consapevolezza della drammaticità della situazione), queste risiedano nella possibilità che la Federazione abbia successo. Siccome vedo, invece, sia dentro Rifondazione Comunista sia nel Pdci delle resistenze, vorrei che ne parlassimo apertamente. Le critiche sono di varia natura. cerco allora di sviscerarle, auspicando l'apertura di un dibattito.

C'è chi dice che la Federazione sia una riedizione dell'Arcobaleno, una sorta di nuovo grimaldello per sciogliere Rifondazione Comunista. Il paragone non ha senso. Mentre tra i promotori dell'Arcobaleno(Mussi e Bertinotti) vi era la volontà dichiarata e perseguita da tempo di dare vita ad una aggregazione di sinistra non comunista, tra i promotori della Federazione vi sono il Prc e il Pdci che perseguono un obiettivo opposto e cioè quello di rilanciare, seppure con impostazioni diverse, una presenza comunista in Italia. Ancora. Quando si diede vita all'Arcobaleno, la prima condizione che venne posta era che nel simbolo non fosse posta la falce e il martello. Per quanto riguarda la Federazione la situazione è opposta. Non solo le forze proponenti non hanno nessuna intenzione di rinunciarvi, ma anche coloro i quali, pur non essendo comunisti, vi hanno aderito(come Socialismo 2000 di Salvi) condividono questa scelta. Infine il profilo programmatico. L'Arcobaleno nasceva nel segno del moderatismo e della subalternità al Pd. La Federazione nel proprio manifesto propone un impianto di autonomia dal centro-sinistra.

C'è poi chi dice che le regole che ci siamo dati, insieme alla strutturazione completa della Federazione nei territori, porteranno, inevitabilmente, allo scioglimento di Rifondazione Comunista. Siccome sono stato uno degli estensori di quelle norme vorrei dire quanto sia assurda questa critica. Le regole potevano essere, infatti, di due tipi. Si poteva ipotizzare una Federazione frutto di un accordo tra varie forze politiche. In questa ipotesi i gruppi dirigenti di Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro e Solidarietà avrebbero concordato come e su cosa unirsi. Ritengo sbagliata questa modalità, per due motivi. Il primo è che il senso profondo della costruzione della Federazione risiede nella esigenza di unità che ci viene rischiesta dai nostri referenti sociali e che non sarebbe stata per nulla colta da un accordo che, nella migliore delle ipotesi, avrebbe prodotto un cartello elettorale. Il secondo è che, in questo modo, non vi sarebbe nessun coinvolgimento di soggettività, movimenti o singole personalità esterne ai soci fondatori.

Viceversa le regole che abbiamo approvato propongono un processo coinvolgente e partecipato, dove tutti gli iscritti alla Federazione (sia quelli iscritti ai partiti aderenti, sia quelli iscritti solo alla Federazione) sono coinvolti nei processi decisionali. Concretamente questo significa che nel processo costitutivo in tutti i territori, a tutti i livelli, verranno convocati tutti gli iscritti per partecipare al congresso che deciderà la linea politica, le modalità organizzative, i gruppi dirigenti. Si obietta: ma in questo modo nei territori si creano dei doppioni organizzativi difficilmente gestibili: già è problematico tenere il circolo di Rifondazione, figuriamoci se ha un senso dar vita ad un'altra struttura. Rispondo: è meglio la situazione attuale? Una situazione nella quale, nello stesso Comune, magari esiste il circo di Rifondazione, la sezione del Pdci e diversi compagni che non si riconoscono nè nell'uno nè nell'altro partito e tra di loro non parlano nemmeno, determinando spesso condizioni di ridicola competizione? Non è meglio creare i luoghi del confronto, dell'incontro e della possibile unità? Questo vorrebbe essere la Federazione: restano le strutture già esistenti, ma si creano anche i luoghi dell'unità possibile per produrre il massimo di iniziativa comune.

Infine vi è la terza critica che dice: stiamo perdendo tempo, quello che occorre oggi è l'unità dei comunisti e questa operazione della Federazione crea solo confusione poichè non è nè carne nè pesce. E' una critica, all'apparenza, ragionevole. Il problema è che, nel contesto politico dato, è impraticabile. Non entro nel merito in questa sede di chi siano i comunisti che si intende coinvolgere in questa unità. Come è noto, infatti, nel nostro Paese ci sono almeno sei o sette partiti o formazioni politiche che si definiscono comuniste e le differenze tra di loro sono enormi, sia sulla politica, sia sui riferimenti storico-ideologici. Già questo ci dice dell'approssimazione della proposta. Ma supponiamo che essa si rivolga all'unificazione tra Prc e Pdci, cosa indubbiamente più ragionevole. Che questa proposta venga posta dal Pdci, lo ritengo non solo legittimo, ma ovvio. L'ultimo congresso di questo partito ha approvato un documento politico che propone esplicitamente questo progetto. Ciò che invece è improponibile, senza fare un nuovo congresso, è chiedere che il Prc assuma questa proposta. Come è noto, infatti, il congresso di Chianciano ha approvato un documento in cui si investe nel processo unitario con le altre forze comuniste e di movimento( e qui rientra a tutto tondo la proposta della Federazione) ma, contemporaneamente, nel rilancio di Rifondazione, che "resta per l'oggi e per il domani".

Ma non è una questione soltanto formale(il congresso ha deciso una cosa, il partito non può deciderne un'altra un anno dopo): è una questione di sostanza! Oggi dobbiamo provare a mettere in campo un'unità ampia, aperta a diverse realtà organizzate, a diversi movimenti, a diversi percorsi. Certo, che faccia perno sulla convergenza dei due partiti comunisti. Ma intorno a questi, e a fianco di questi, esiste una sinistra sociale e di classe, che dobbiamo, vogliamo- come progetto strategico- intercettare e coinvolgere.

Ecco la forza e la ragionevolezza della proposta della Federazione della Sinistra! Costruire oggi le condizioni più avanzate dell'unità possibile tra le forze comuniste e anticapitaliste, consapevoli che ciò è una pre-condizione per avere un minimo di credibilità tra i lavoratori. Consapevoli, infine, che stadi più avanzati di unità non si creano a tavolino, ma nel lavoro comune e quotidiano, fianco a fianco nella lotta.

Frammartino(Prc): solidarietà a sindaco di Policoro

Il segretario provinciale del Prc di Matera, Ottavio Frammartino, in un comunicato stampa, esprime "solidarietà al sindaco di Policoro, per le minacce ricevute.
Sollecitiamo gli organi inquirenti di tenere in debita considerazione sui vari episodi di minacce di cui Rifondazione Comunista ha più volte denunciato e che non possono essere circoscritte a fatti secondari. La nostra preoccupazione è legata anche perché il contesto descritto l'altro giorno dal procuratore di Matera che di fronte a una provincia tranquilla il Metapontino rappresenta la parte dove gli episodi delittuosi sono preoccupanti, fa sì che non si possa sottovalutare nessuna atto del genere verso nessuno".

martedì 15 dicembre 2009

Simonetti, Prc: scongiurare chiusura corsi Unibas

“L’incontro fissato dal ministro Gelmini per la prossima settimana fra i tecnici del Ministero, della Regione Basilicata e dell’Università, deve servire a definire un accordo di programma, con la partecipazione di tutte le amministrazioni interessate, così da garantire non solo l’attuale assetto dell’ateneo, ma anche il sostegno ad ulteriori sviluppi, strutturali, organizzativi, formativi e di ricerca”. E’ quanto sostiene in un articolo inviato oggi alla stampa il capogruppo del Prc in Consiglio regionale, Emilia Simonetti.

“Bisogna assicurare assolutamente il mantenimento delle facoltà di Architettura, Economia, Farmacia e Scienze della Formazione perché una loro chiusura comporterebbe un declassamento della nostra università e, più in generale, avrebbe ripercussioni negative - aggiunge Simonetti - per scongiurare la chiusura dei corsi di laurea sopra citati occorre l’impegno dell’intera comunità regionale, soprattutto delle istituzioni e delle forze politiche per eliminare le resistenze ministeriali, in quanto l’università e la scuola, ridimensionate, creerebbero condizioni sfavorevoli ad una regione che ha bisogno invece di un rilancio culturale, economico e sociale”.

Rinaldi, -Prc: Internet, ingiustificabile volontà repressiva di Maroni

Nel condannare sin da subito la violenza subita dal Presidente del consiglio così come nel ritenere sbagliati i siti nati sul web a sostegno del suo attentatore Tartaglia, riteniamo tuttavia assolutamente ingiustificabili, gli annunci fatti oggi dal ministro dell'Interno Maroni, circa la volontà di assumere provvedimenti restrittivi della libertà di espressione su Internet e sui social network. Anzi, denunciamo e chiediamo l’intervento dello stesso ministro affinché sia impedito che vengano clonati gruppi, come avviene sul social network Facebook, quali ad esempio il gruppo “no a FB a pagamento” che sono stati trasformati in aderenti al gruppo “Sosteniamo Silvio Berlusconi contro i fan di Massimo Tartaglia”. Centinaia di migliaia di persone sono già state ampiamente turlupinate e inserite a loro insaputa all’interno di diversi gruppi secondo una pratica di pirateria informatica in voga già da tempo e da tempo denunciata. Chiediamo quindi che il governo si preoccupi di impedire gravi arbitri di questa natura piuttosto che, sull’onda di un grave fatto di violenza, strumentalizzarlo ai fini della riduzione della libertà di espressione dei cittadini e delle cittadine su Internet e sui Social Network.

Lettera di Paolo Ferrero

Cara compagna, caro compagno,

il nostro Partito arriva da un periodo molto travagliato: sconfitte elettorali, scissioni, e da un oscuramento dell’informazione che ci ha quasi fatto sparire dai mass media.
In quest’ultimo anno abbiamo lavorato a ricostruire il partito. Per la prima volta dopo tanti anni siamo riusciti a darci una gestione interna unitaria, in cui tutte le le aree del partito collaborano, mentre parallelamente stiamo ricostruendo l’intervento politico esterno.
Lo abbiamo fatto in questi mesi ricostruendo il lavoro sociale del partito: a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori nelle lotte per la difesa del posto di lavoro, nel movimento dei precari, nelle battaglie ambientali e per l’acqua pubblica, con l’impegno nel terremoto e con la raccolta di firme per il referendum contro il lodo Alfano. Lo abbiamo fatto costruendo dal basso il partito sociale, nelle mille forme di aggregazione e di solidarietà vertenziale a cui abbiamo dato vita sui territori.

Lo facciamo oggi con l’impegno concreto nella costruzione della Federazione della Sinistra, un processo unitario che partirà ufficialmente il 5 dicembre a Roma. Vogliamo mettere fine a troppi anni in cui i comunisti e la sinistra di alternativa si sono continuamente divisi, facendoci perdere ogni credibilità. Vogliamo ripartire unendo le forze, per ridare credibilità alla costruzione di un polo politico di alternativa, dove far vivere il progetto della rifondazione comunista. Una proposta unitaria che chiudendo la stagione delle continue divisioni, ridia una speranza alla nostra gente.
Per fare tutto questo abbiamo bisogno di voi. Abbiamo bisogno di rivitalizzare Rifondazione Comunista e di renderla più forte. Non si tratta di un fatto testimoniale. La crisi capitalistica ha riaperto i giochi e oggi concretamente ci troviamo di fronte al rischio di una svolta a destra, di cui il berlusconismo è l’espressione peggiore, fatta di ingiustizie e di guerra tra poveri: una vera e propria crisi di civiltà in cui tutti guardano al futuro con paura, in cui i giovani sono immersi in una precarietà senza confini che toglie ogni speranza. Noi lavoriamo per una uscita da sinistra dalla crisi, basata su maggior giustizia sociale, sull’allargamento della democrazia e su una riconversione sociale ed ambientale dell’economia. Per costruire l’alternativa abbiamo bisogno di più lotte ma anche di un Partito della Rifondazione Comunista e di una Federazione della Sinistra più forte.
Per questo ti scrivo. Non è oggi il tempo di stare a guardare, è il tempo di dare una mano per ricostruire una sinistra degna di questo nome e una presenza dei comunisti forte e autorevole. Per questo ti propongo di iscriverti o re-iscriverti a Rifondazione; per ricostruire quel partito che ci ha fatto sperare e disperare ma di cui c’è, oggi più che mai, bisogno.

Un caro saluto,

Paolo Ferrero
Segretario nazionale PRC-Se

per iscriversi on-line: www.rifondazione.it
per info: organizzazione.prc@rifondazione.it

Berlusconi- Ferrero a leader opposizioni: urge azione comune

Roma, 11 dic. 2009 – “Vi propongo di vederci rapidamente al fine di stabilire una possibile azione comune”. Questa l’esortazione che il segretario nazionale del Prc-Se, Paolo Ferrero, ha rivolto oggi a nome del Coordinamento della Federazione della Sinistra (che riunisce Prc, Pdci, Socialismo 2000, Associazione Lavoro-Solidariertà, insieme a esponenti indipendenti e intellettuali di sinistra) a tutti i leader delle forze politiche di opposizione: Pierluigi Bersani (Pd), Antonio Di Pietro (Idv), Pierferdinando Casini (Udc), Francesco Rutelli (Alleanza per l’Italia), Angelo Bonelli (Verdi), Claudio Fava e Nichi Vendola (Sinistra e Libertà), Mario Staderini (Radicali), Riccardo Nencini (Psi), Salvatore Cannavò (Sinistra critica), Marco Ferrando (Pcdl); cui è stata indirizzata l’allarmata lettera che segue.

“Le più recenti posizioni del Presidente del Consiglio, che minacciano di travolgere l’equilibrio tra i poteri costituzionali della Repubblica, delineano una vera e propria crisi istituzionale. Ha ragione il Presidente Napolitano: siamo di fronte ad un “violento attacco contro fondamentali istituzioni di garanzia volute dalla Costituzione italiana”. Dopo aver attaccato la sovranità del Parlamento, riducendone persino la funzionalità; dopo aver ridotto tutte le autonomie, di fatto Berlusconi annuncia la sospensione dei diritti costituzionali; è questo, infatti, il significato vero del brutale assalto alle istituzioni di garanzia. Questo si accompagna ad una sistematica azione di aggressione alle organizzazioni sindacali e sociali che esercitano il loro ruolo in autonomia ed indipendenza. Il Presidente del Consiglio ritiene che il voto popolare azzeri il sistema delle garanzie e dei controlli di legittimità perché non ha la concezione della legalità costituzionale. Non credo che questi elementi possano essere sottovalutati ne che possano essere affrontati come questione di ordinaria amministrazione. Vi è una vera e propria emergenza democratica di cui sarebbe irresponsabile non vedere la gravità e i possibili esiti nefasti. Credo sia indispensabile che tutte le forze di opposizione, pur nella pluralità delle rispettive posizioni, trovino una sede di confronto per discutere di questo problema al fine di attivare una efficace iniziativa politica che possa coinvolgere il complesso delle associazioni democratiche e della popolazione italiana, al fine di combattere e sconfiggere il disegno eversivo di Berlusconi. Vi propongo pertanto di vederci rapidamente al fine di stabilire una possibile azione comune”.

UFFICIO STAMPA PRC-SE/FEDERAZIONE DELLA SINISTRA

giovedì 10 dicembre 2009

Arance (rosse) e tanta solidarietà (attiva): l'esperienza del Prc a fianco dei lavoratori in lotta

da Liberazione, 10 dicembre 2009, pag. 4

di Fabio Sebastiani

Carovane di vettovaglie, cene di sottoscrizione, sit in, acquisti solidali, scuole popolari. L'attività delle Brigate della solidarietà cresce in misura diretta con la recrudescenza della crisi economica. A Roma l'epicentro delle iniziative è l'Eutelia, dove i lavoratori e le lavoratrici continuano l' assemblea permanente nei locali dell'azienda, che sta diventando il luogo dove si susseguono assemblee aperte alla città, incontri sulla crisi e anche proiezioni di film. Dai circoli del Prc e del Pdci della zona Tiburtina di Roma e realizzata in collaborazione con le federazioni di Roma dei due partiti e le Brigate di Solidarietà Attiva, l'idea di lanciare una campagna per finanziare la loro cassa di resistenza chiamata "Arancia Metalmeccanica".

Dal 28 novembre sono attivi alcuni banchetti per la vendita di arance il cui ricavato andrà a sostenere la lotta di questi lavoratori. "Inoltre, le arance provengono direttamente dai coltivatori della Sicilia e sono biologiche- raccontano i promotori dell'iniziativa- in questo modo aiutiamo i coltivatori a non essere strozzati dai prezzi capestro imposti dal mercato e dalla grande distribuzione. Si tratta quindi di una campagna doppiamente solidale, coi contadini e coi lavoratori". Le arance sono in retine da 3 kg e costano 5 euro, metà va ai contadini e metà ai lavoratori Eutelia. Per aderire, richieste e info: aranciametalmeccanica@gmail,com.

Solidarietà attiva anche alla Ispra di Roma dove i precari della ricerca sono in lotta per la stabilizzazione del posto di lavoro: la solidarietà "non è un pranzo di gala" hanno scritto sullo striscione. Rifondazione Comunista del Municipio 19 ha presentato una mozione, in sede di Consiglio municipale, a sostegno della richiesta di rapida apertura di un tavolo istituzionale per risolvere lo stato vertenziale dei lavoratori precari dell'Ispra.

Per continuare a dare sostanza e forma concreta alla solidarietà una "carovana rossa", una quindicina di macchine imbandierate dei compagni dei circoli Prc e delle sezioni Pdci dei municipi 18 e 19, si sono presentati all'ora di pranzo in via di Torrevecchia ( sede dell'occupazione). In testa una delle ricercatrici in lotta che con l'amplificazione ha denunciato ai passanti delle strade Boccea-Casalotti la condizione che vivono i lavoratori precari dell'Ispra ed i motivi della loro lotta. Solidarietà concreta con le arance rosse offerte dal Gap del circolo "Puletti", il vino rosso delle cantine di Primavalle e la pizza speciale offerta dal forno di Torresina.

Altro flash di solidarietà dalla Frattini, una storica azienda metalmeccanica di Seriate (Bg) che fino a pochi mesi fa macchine per la deformazione di contenitori cilindrici. Le Brigate di Solidarietà Attiva, dopo aver operato 6 mesi in Abruzzo, tra le altre cose promuovendo l'autorganizzazione e la presa di voce degli abitanti delle tendopoli, hanno fatto proprio lo slogan "dalla crisi del terremoto al terremoto della crisi", sono tornate a Bergamo e hanno deciso di agire sul territorio tenendo viva la loro organizzazione, ritenendola efficace nelle situazioni di mutualismo e nelle lotte per la difesa del lavoro. Da otto settimane le Brigate di solidarietà attiva di Bergamo hanno attivato un presidio davanti ai cancelli della fabbrica, con i lavoratori in lotta, per la difesa di tutti i 194 posti di lavoro, montando una cucina da campo e delle tendostrutture per supportare l'attività del presidio. Hanno inoltre organizzato due raccolte di beni alimentari nel comune di Seriate stimolando l'informazione e la solidarietà della cittadinanza. Oltre al mutualismo, le Brigate hanno sostenuto tutto il corso della battaglia politica, partecipando alle assemblee, alle manifestazioni, ai blocchi dei cancelli per impedire lo smantellamento dei macchinari, guadagnando la fiducia sul campo, stando con i lavoratori in ogni momento di riflessione e conflitto."Contrariamente alle contraddizioni e al populismo della Lega, che millanta la difesa del territorio e contemporaneamente è portatrice dell'aspetto più violento della globalizzazione neoliberista-si legge in un loro comunicato- il contributo attivo delle Bsa è stato determinante per creare un clima di condivisione che, troppo spesso, alcuni sindacati e partiti, ormai malati di presenzialismo, non sono stati in grado di produrre. Anche se inizialmente alcuni lavoratori guardavano con sospetto e disillusione l'interessamento alla loro situazione, le Brigate di solidarietà attiva hanno dimostrato che la credibilità si conquista solo agendo sul campo e nell'era dell'individualismo e della precarietà, la loro modalità di operare crea un clima di fiducia che ricostruisce quei legami si solidarietà di classe che portano alla presa di voce diretta e condivisa per la lotta per difendere i propri diritti".

Continua a Benevento, infine, la bella esperienza delle "Scuole popolari". Nate dalla protesta dei precari della scuola che a settembre occuparono il provveditorato agli studi e dalla collaborazione delle Brigate di solidarietà, le "aule alternative" sono state stabilizzate nel quartiere popolare della "Libertà", grazie anche all'aiuto del Comune di Benevento che ha affidato alla gestione degli insegnanti alcuni locali.

martedì 8 dicembre 2009

Libertà di stampa, colpo di mano del governo

da Liberazione, 8 dicembre 2oo9, pag. 6

di Andrea Milluzzi

Ci risiamo. Per la quarta volta la stampa "di partito, di idee e cooperativa" deve prepararsi alla battaglia per scongiurare il rischio chiusura. Una volta il governo Prodi e tre (contando questa) il governo Berlusconi hanno cercato di strangolare il meccanismo dei finanziamenti pubblici diretti all'editoria. I finanziamenti diretti sono rivolti a quelle testate (circa un centinaio fra giornali di partito, cooperative, locali e delle minoranze linguistiche) mentre quelli indiretti, garantiti cioè a copertura delle spese postali e di spedizione, riservati ai grandi gruppi come Repubbica, il Corriere e Il Sole 24 ore, non sono mai stati messi in discussione. Si fanno cifre sempre molto vaghe di quano sia ingente questo fondo, cercando di intercettare il malcontento dell'opinione pubblica che vede questi giornali come una casta privilegiata: in realta, l'importo totale dell'ultimo stanziamento- in calo fra l'altro rispetto agli anni precedenti- si aggira sui 120 milioni di euro, indispensabili per garantire l'esistenza di tutti quegli organi di informazione che non riescono a vivere sulle proprie gambe per mancanza di pubblicità, fagocitata quasi interamente dalle tv e dai grandi gruppi. Questo significa che circa duemila giornalisti - fra professionisiti e pubblicisti- e 1500 poligrafici adesso rischiano di perdere il posto di lavoro. Perchè il governo, con un colpo di mano, ha inserito nel maxiemendamento della Finanziaria il comma 53 bis che così recita: "I contributi e le provvidenze spettano nel limite dello stanziamento iscritto sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri". Tradotto: testate come Il Manifesto, l'Unità, Il Secolo, la Padania, Liberazione, Europa, Red tv, L'Avvenire e molte altre non avranno più diritto ai finanziamenti in quanto vanno in edicola- o in onda- (il famoso diritto soggettivo) ma avranno diritto alla loro fetta di torta che la presidenza del Consiglio deciderà a fine anno. Con due grandi ed evidenti problemi: se la cifra che lo Stato mette a disposizione viene resa nota a fine anno, come fanno le aziende a fare i bilanci? E se i contributi vengono elargiti l'anno successivo(o due9 a quello in corso perchè le banche anticipano i soldi alle aziende, come potrà funzionare questo meccanismo senza conoscere la cifra? Problemi che per le testate così piccole, e in alcuni casi già in ristrutturazione per colpa della crisi, significano molto probabilmente la chiusura. E' evidente la volontà politica che sta dietro a questa manovra. Il 53 bis è spuntato dal nulla, senza che Bonaiuti (colui che per il governo si è sempre occupato del tema) ne avesse mai fatto menzione ( cosa che, si mormora, sarebbe alla base di una litigata con Tremonti in Transatlantico) e ieri in commissione Bilancio non è stato neppure intaccato dall'emendamento presentato a firma Pd, Lega e An che il relatore non ha fatto discutere provocando l'abbandono dei lavori da parte dell'opposizione e l'approvazione della Finanziaria da parte della sola maggioranza. E' tornato così il disegno che Tremonti aveva scritto nel giugno 2008 e che la mobilitazione del sindacato e della politica aveva scongiurato. Mobilitazione che adesso riprenderà. "La logica di Tremonti è usare la crisi per ridurre la democrazia, lo ha fato con gli enti locali e adesso con i giornali- sottolinea Paolo Ferrero, segretario del Prc e quindi editore di questo giornale- E' evidente che la logica del bipolarismo trasversale viene messa in campo anche in questo caso. Noi saremo al fianco dei lavoratori in lotta".

Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:" Con un colpo di mano il Governo e la maggioranza hanno improvvisamente cancellato il "diritto soggettivo" dei giornali di idee, di cooperative e di partito a percepire dal 2010 i contributi diretti previsti dallo Stato contraddicendo impegni assunti dal Parlamento e dallo stesso Governo. La Commissione Bilancio della Camera, infatti, ha approvato il maxiemendamento del Governo, impedendo nei fatti ogni possibilità di miglioramento del testo che ora "blindato" andrà al voto dell'aula. Si tratta di una scelta molto grave che mette a repentaglio la possibilità stessa per un centinaio di testate dei più diversi orientamenti politici e culturali di continuare a offrire informazione e dibattito di idee. Si rendono incerte risorse necessarie per la loro esistenza , senza tra l'altro alcuna "bonifica" del settore a favore delle testate che realmente sono in edicola e che trasmettono su Tv e Radio. Così molti posti di lavoro saranno a rischio e le aziende avranno la reale difficoltà ad approvare i bilanci per il prossimo anno.

La Fnsi e il coordinamento dei cdr delle testate coinvolte fanno appello al Parlamento perchè intervenga per bloccare questa operazione che mette a rischio il pluralismo dell'informazione nel nostro paese. E' con questo spirito che Fnsi e i cdr si rivolgono a tutti i colleghi, ai cittadini, alle forze politiche e sociali per condurre assieme questa battaglia di democrazia e per questo hanno indetto una conferenza stampa per mercoledì 9 dicembre alle ore 13 nella sala del Mappamondo della Camera".

lunedì 7 dicembre 2009

Nasce la Federazione e va subito al NoBday e ad altre lotte

da Liberazione, 6 dicembre 2009, pag.4

di Stefano Galieni

Millecinquecento posti, pochi per chi era venuto ad assistere al primo momento pubblico della nascente Federazione della Sinistra. C'erano i volti di anni di scissioni, di sconfitte e di errori, ma anche della voglia di ripartire. Al microfono si sono alternate esperienze politiche e di lotta. Cesare Salvi, di "Socialismo 2000" ha iniziato citando Enrico Berlinguer e la "questione morale". Un tema ripreso da molti per parlare non tanto delle inchieste della magistratura quanto della moralità e della passione politica che devono contraddistinguere la sinistra. «La centralità del lavoro è fondamentale per noi», ha sottolineato annunciando un referendum per l'abrogazione della legge 30.
Non solo lotta alla precarietà ma anche campagne contro il nucleare, la privatizzazione dell'acqua, la guerra: questi i punti su cui i promotori della federazione hanno unanimemente insistito. Tra le testimonianze dirette, drammatica quella di Barbara Della Vedova, da Novara, rappresentante della Rsu di Phonomedia del gruppo Omega. Un call center incluso in un sistema di scatole cinesi che ha permesso ai padroni di godere di incentivi e contributi statali e in cui i lavoratori non percepiscono il salario da mesi. Una storia pesante che ha portato alcuni a scelte disperate. «Omega è acronimo di Organo Mirato Eliminazione Grandi Aziende - ha amaramente ironizzato la giovane lavoratrice. Una truffa ai danni dello Stato e dei lavoratori in cui gli unici a starci vicini siete stati voi». Corde emotive forti ha toccato Massimo Rendina, presidente Anpi Lazio, richiamando al valore fondante dell'antifascismo e della resistenza. Andos Kyprianos, di Akel, formazione cipriota, ha insistito sulla necessità della lotta antimperialista: nel suo Paese un partito rivoluzionario è al governo. Lothar Bisky, presidente del Gue Ngl al Parlamento europeo e copresidente della Linke tedesca ha valorizzato la similitudine del processo in atto in Italia con quanto avvenuto nel 2003 in Germania. Ha utilizzato la metafora di un treno, per questo viaggio iniziato, con le porte sempre aperte e la disponibilità a rallentare per far salire chi vuole, ma chiuso per chi vuole fermarlo o riportarlo al punto di partenza. E ha parlato di un processo plurale e diffuso, sapendo bene che per ricostruire in Europa un blocco sociale di gramsciana memoria ci vorranno anni e anni di impegno. Anita Sonego, esponente del movimento Lgbtq, ha apprezzato che nel manifesto politico fondante della federazione, lavoro e patriarcato siano stati posti sullo stesso piano: «Eguaglianza e difesa delle differenze, capacità di accettare come i punti di vista possano essere diversi anche a partire dal fatto che si è uomo o donna, importanza di costruire luoghi in cui le persone si sentano a proprio agio, nella consapevolezza che il personale è politico, debbono essere le nostre coordinate», ha affermato. Gianni Fabbris, per "Altra agricoltura", ha raccontato con passione le lotte che stanno conducendo in questi giorni i contadini, la marcia dei trattori dalla Sicilia a Roma, e ha ricordato che per costruire la sinistra bisogna anche tornare nella merda delle stalle, accanto a chi sta vivendo lo strapotere della trasformazione del capitalismo agroalimentare. Dal Forum Ambientalista è giunto un allarme: l'urgenza di porre sotto critica radicale l'intero sistema di sviluppo, la necessità di guardare al mondo intero per cambiare il corso delle cose. «A Torino, pochi giorni fa c'è stata una manifestazione dei familiari delle vittime dell'amianto», ha ricordato Vittorio Agnoletto, «i media non ne hanno parlato. Nessuno li ha ricevuti, il governo li ignora e non vuole neanche dare risarcimenti». Agnoletto ha evocato i giorni di Genova in cui si sapeva parlare alle persone e i giorni delle battaglie pacifiste in cui si intercettava il sentimento popolare. Il diritto al sapere è stato rivendicato da Federica Fusillo, del movimento degli studenti, che ha posto l'accento sul nesso strutturale tra democrazia e formazione.
Hanno concluso gli altri tre leader politici della federazione: Gianpaolo Patta, di "Lavoro e Solidarietà" ha posto l'accento sulle scelte sbagliate del Pd, in equilibrio fra capitale e lavoro, mentre la stessa democrazia degli stati è condizionata dalle oligarchie finanziarie, ha parlato della classe operaia esclusa di fatto dalle istituzioni e dalla democrazia, ha delineato ancora il profilo anticapitalista e ambientalista che la sinistra deve assumere. «Bisogna realizzare un programma alto, rilanciando il ruolo pubblico nell'economia e la necessità di rendere pubbliche le banche», ha sintetizzato. «Ai lavoratori che votano Lega bisogna far capire che i loro soldi finiscono ai padroni e non agli immigrati». Il segretario del Pdci Oliviero Diliberto, in un intervento irrituale, ha insistito sulla necessità che la federazione sia solo una tappa verso il partito unico, ha invitato a rompere con prudenze, tatticismi e lentezze arcaiche e a fare invece ricerca, per capire bene come affrontare il capitalismo del nuovo millennio. «Tradizione e innovazione debbono coesistere e aiutarsi», ha insistito, «guardando avanti, rinnovando in maniera radicale i gruppi dirigenti». A chiudere l'assemblea, il segretario del Prc Paolo Ferrero è partito da una notizia: la morte di un lavoratore senegalese, ucciso a Biella dal padrone che non voleva pagarlo. «Oggi è questa l'Italia, anni fa sarebbe stata impensabile». E nel riconoscere il valore del simbolo della federazione, come retaggio della libertà conquistata nel '45, ha parlato del comunismo come di una continua e quotidiana capacità di reinventarsi. Ha risposto a Diliberto dicendo che la federazione è una ambizione più grande, quella di costruire uno spazio pubblico della sinistra in cui ci si possa confrontare e riconoscersi senza per questo ricominciare con le scissioni al primo incidente. Fronti ampi come in America Latina capaci di valorizzare ciò che si condivide e garantendo a tutti autonomia. Poi elementi di autocritica: «Abbiamo sbagliato a mediare su questioni come la guerra quando eravamo al governo», ha detto. «Su temi come questo non debbono più essere possibili cedimenti. E' una delle ragioni per cui siamo percepiti come coloro che dicono una cosa e ne fanno un'altra». Ferrero ha citato il regolamento provvisorio come elemento di democrazia reale, ha parlato di un percorso di necessario allargamento continuo, di questione morale e di democrazia dimezzata dal bipolarismo. Un bipolarismo che decide ciò che entra o meno nell'informazione. Ha definito la federazione come un processo che non offra solo rappresentanza ma permetta alle persone in carne ed ossa di essere protagoniste reali, soggetti e non oggetti. Protagonisti che non siano obbligati, come diceva Di Vittorio, a togliersi il cappello davanti ai padroni, o ai deputati della sinistra. E ha pronunciato i nomi dei tre grandi avversari a cui il bipolarismo italiano non sa opporsi: padroni, capitale e Vaticano. L'assemblea si è sciolta per permettere ai presenti di partecipare al NoBDay, ma c'è già una lista d appuntamenti che vedranno presente la federazione: il 12 dicembre a Milano contro il razzismo e il fascismo a 40anni dalla strage di Piazza Fontana e il sabato successivo a Villa San Giovanni per dire no al Ponte, agli affari loschi e ai danni ambientali che un'opera irrealizzabile rischia di procurare.

«Ora ci vuole unità, basta personalismi»

da Liberazione, 6 dicembre 2009, pag.4

di Rosy Marano

Toglietegli tutto, ma non la speranza. La speranza in una sinistra forte, unita, capace di contare e, soprattutto, di cambiare lo stato di cose presenti. Fiduciosi o scettici; critici o convinti, sono tutti lì a sentirsi dire che ce la possiamo fare; che la Federazione della sinistra è il primo passo; che non tutto è perduto.
Così appariva, ieri al Teatro Brancaccio di Roma, la platea arrivata da tutta Italia per la nascita della Federazione della sinistra. Giovani e giovanissimi accanto a cinquantenni e settantenni; storie e destini diversi, ma tutti pronti alla standing ovation per Massimo Rendina (comandante partigiano), a cantare Bella Ciao e ad alzare il pugno al grido di «Ora e sempre resistenza». A vederli, potresti quasi dire che la Federazione della sinistra c'è già: aspetta solo che qualcuno se ne accorga.
E' una platea numerosa (riempie il teatro oltre le aspettative) che ascolta attenta il dibattito; sottolinea sempre con applausi le parole "falce e martello" e "comunisti" e si lascia scappare anche qualche fischio (all'indirizzo degli esponenti del Pd presenti). E' silenziosa e partecipe mentre Barbara (Rsu della Omega) racconta dal palco l'incredibile storia dei call center Phonemedia/Agile, una moderna storia italiana da "prendi i soldi e scappa", con l'imprenditore nella parte del ladro e i lavoratori in quella dei "cornuti e mazziati", da mesi senza (il già magro) stipendio e nell'impossibilità di far fronte alle esigenze quotidiane: «Eppure siamo gente che lavora». La interrompono con gli applausi, lei ringrazia «i comunisti» (dice proprio così) che sono stati vicini alla loro lotta.
Il punto è che queste storie il pubblico del Brancaccio le conosce bene, o perché le ha vissute sulla propria pelle - «Lei (Barbara della Omega, ndr) sarà licenziata a 34 anni. E io che ne ho 47?», dice quasi tra sé un signore poco distante - o perché le combatte da una vita. E chiede che finalmente qualcuno se ne faccia carico. La Federazione? «Quando la proponevamo noi - dice un militante del Pdci di Milano - ricevevamo pernacchie. Ora è una necessità». «Qualcosa andava fatto - aggiunge Giovanni, del Prc di Sesto Calende, un signore sulla settantina che si definisce «cittadino del mondo» - Io mi fido, sperando che abbiano tutti imparato la lezione: il nostro difetto è il protagonismo, devono tutti scendere dal pulpito. Chi metto tra i colpevoli? Bertinotti». E' il tema su cui batte anche Andrej, trentino, specializzando a Roma in scienze della politica: «Nella Federazione ci vogliamo credere, ma poi veniamo qui e vediamo questo palco… Iscrivermi? Vorrei, capisco che è importante, ma tutti questi schematismi…».
Oliviero Diliberto, dal palco, sta dicendo che non ci si deve sentire «reduci» e che non si deve avere paura di chiamarsi «comunisti». Questo pubblico decisamente non sente il problema. «Io? Sono comunista - dice un barbuto compagno del Prc di Salerno - Peccato tutti questi distinguo». E anche lui sostiene che le «scissioni sono frutto di personalismi». «Mi limito ad osservare - si intromette Gianni da Napoli - che da quando i comunisti sono in declino, questo paese sta peggio». E Ruggero, da Ancona, pensa che «i comunisti dovrebbero fare un unico partito, Pdci e Prc divisi, che senso ha? Comunque ben venga la Federazione, se non è un modo per impedire l'unità dei comunisti. Sarebbe negativo».
Ma - come dice nel suo intervento Lothar Bisky (presidente del Gue) e come ripete, concludendo l'assemblea, Paolo Ferrero - l'unità si fa lasciando fuori ciò che divide e tenendo quello che unisce. Anche questo è un principio che la platea del Teatro Brancaccio sembra avere già nel suo Dna. Emanuele, della Fgci di Catania, è consapevole che «da soli, anche con un unico partito comunista, non avremmo la forza» e che se «partiamo da ciò che ci unisce ce la possiamo fare».
Stefano e Michele sono giovanissimi, 24 e 17 anni. Arrivano dalla Calabria, saliti con un «pullman di tutti ragazzi» apposta per partecipare alla nascita della Federazione (oltre che, ovviamente, al NoBday). «Fatta la Federazione - dicono - ora dobbiamo riempirla di contenuti. Chiamateci come volete, l'importante è che al centro della iniziativa politica ci sia il tema del conflitto tra capitale e lavoro. Per parte nostra siamo qui perché vogliamo portare i contenuti e le tematiche dei giovani». Anche Simona, una signora che viene dal Prc della provincia di Arezzo, avverte che «non è importante come ci chiamiamo, l'importante è che ci si occupi dei problemi della gente». Poi quasi sospira: «Troppe scissioni. Le regionali? Altrove forse no, ma da noi certamente si faranno accordi col Pd». E si vede che non ne è affatto contenta.
Tra il pubblico ci sono esponenti di Sinistra e Libertà e del Pd; c'è Piero Bernocchi dei Cobas, c'è il costituzionalista Gianni Ferrara. Arrivano i saluti di Oskar Lafontaine; anche dal Brasile giungono auguri di buon lavoro: l'Italia è pur sempre un laboratorio che interessa, la cui storia ha insegnato molto proprio a quella America Latina che oggi mette a frutto ciò che ha imparato. Bisky lo dice senza retorica: «In Europa ci mancano i compagni italiani».
Proprio Bisky è quello che usa le parole più dure contro Berlusconi, per il resto il Cavaliere è poco nominato: la platea non è "antiberlusconiana" alla maniera di Di Pietro, anche se tutti, poi, andranno in piazza. E non è un caso: la battaglia da fare non è contro "l'uomo" Berlusconi, ma contro le sue politiche. «Cosa faceva grande il Pci? Sapeva dare rappresentanza politica ai più deboli - dice Andrea (37 anni, di Latina) - Certo, c'è il tema della democrazia, del parlamento maltrattato, della Costituzione, dell'informazione. Per questo vado in piazza. Ma più di tutto è urgente dare risposte concrete alle persone, ai lavoratori, ai pensionati».
Lo ribadisce anche Ferrero dal palco, rivendicando la scelta di aver fissato l'assemblea della Federazione lo stesso giorno del NoBday: «Siamo stati i primi a capire l'importanza di una mobilitazione nata in modo diverso, dal basso, sui blog. Anziché aderire avremmo potuto fare anche noi come il Pd: farci la "nostra" manifestazione. Invece no: partecipiamo al NoBday; è la prova che sappiamo stare con gli altri, ma con la nostra identità».
Applausi, sventolio di bandiere (una bambina le vende all'ingresso del teatro) e poi si chiude con Bella Ciao, Bandiera Rossa e l'Internazionale. «E adesso? Concretamente?» chiede sempre un po' scettico Andrej. Viene da rispondergli: adesso tocca a te. Ma prima c'è il NoBday: sono le 14 e la manifestazione sta per cominciare.

I partiti "tirati" in campo Sinistra, Idv e poco Pd

da Liberazione, 6 dicembre 2009, pag. 2

di Angela Mauro

«Avevamo deciso di istituire il Sì Berlusconi Day, per dimostrare che esiste un'altra Italia da quella che sa dire solo no e per manifestare il nostro supporto e il nostro apprezzamento per il Presidente Berlusconi...». Laconico, qualche giorno fa, il sito "siberlusconiday.org", istituito apposta per organizzare la contro-manifestazione al "NoBerlusconiDay" di ieri, annunciava che non se ne fa niente. Ci hanno minacciato, scrivono sul sito i promotori e non si tratta di internauti bensì dei parlamentari berlusconiani Valducci e Stracquadanio. Le forze dell'ordine hanno consigliato di evitare la "contro piazza", spiegano, annunciando che l'iniziativa slitta, forse «a febbraio». Ora, guardando la piazza di ieri, è facile pensare che promuovere per lo stesso giorno un appuntamento di segno uguale e contrario non era una grande idea, nemmeno per i berlusconiani che di iniziative di piazza hanno dimostrato purtroppo di intendersene, in questo paese che da 15 anni si lascia governare dal Cavaliere, più o meno ininterrottamente. Ora si cambia? Presto per dirlo, intanto è un fatto che le "truppe del Presidente" siano state costrette al ritiro.
Evento nato dal web, questo 5 dicembre 2009, i partiti seguono, chi con bandiere, chi no. Quelle rosse di Rifondazione sono tante e si contendono il cielo sopra il corteo, che pullula del viola scelto dagli organizzatori. Spunta qua e là il bianco delle bandiere dell'Idv, abbondante anche questo. Troppo per Rosi Bindi, presidente del Pd che ci crede nel suo ruolo di garanzia azzardandosi in piazza nel tentativo di salvare capra e cavoli. «Così ci siamo anche noi - dice - un piede in piazza, l'altro a costruire l'alternativa...». Ma le bandiere degli altri non le sopporta. «Mi sono vestita apposta in colore neutro», giacca beige, pantaloni neri. «I manifestanti hanno scelto il viola, a che serve imporre il rosso o le bandiere dell'Idv?». Ma, nonostante il ruolo difficile, stretto dalle critiche di chi (Prc, Sinistra e Libertà, Di Pietro) condanna la non adesione ufficiale dei Democratici, Bindi è a suo agio. Storce la bocca guardando lo spezzone del corteo che si muove al passo di «Mafioso, mafioso!» (a Berlusconi). «Bisogna stare attenti...», è pensierosa la presidente che su Spatuzza nutre gli stessi dubbi di tutti quelli che non vogliono trarre conclusioni affrettate dalle parole di un collaboratore di giustizia. «Lo mandiamo a casa?», le fa uno. «Se ci riusciamo... Di certo, se chiama un'altra volta in una diretta televisiva dove ci sono io, lo denuncio per stalking telefonico». Intorno ridono, pensando alla telefonata a Porta a Porta quando il premier le disse «sei più bella che intelligente». La piazza tira. Una ventina di manifestanti camminano reggendo lettere giganti: quelle della parola «d-i-m-e-t-t-i-t-i». E Bindi o non Bindi, il Pd si avvia ad una fase molto complicata, a partire dalla prossima settimana, quando dovrà decidere che atteggiamento assumere alla Camera sulla legge sul legittimo impedimento, cara a Pdl, Lega e anche Udc. Franceschini e i suoi in piazza, Marino e la Concia pure, pezzi di minoranza democratica marcano la differenza da Bersani e anche da un Franco Marini, convinto che «con una piazza così ci teniamo Berlusconi ancora per anni...». Ma in fondo gli sconfitti alle primarie del 25 ottobre non sembrano in procinto di innescare una feroce battaglia interna (le regionali sono alle porte), al contrario si caricano addosso una "funzione cuscinetto" rispetto alle proteste esterne. «Dov'è il Pd, dov'è Bersani, dov'è la chiesa, dov'è il papa?», osa Ulderico Pesce dal palco, ma la piazza non fischia Rosi, lontanissimo il ricordo del D'Alema contestato alla marcia della pace Perugia-Assisi anni fa. «Ma sì, le difficoltà del Pd sono costruite...», smorza i toni Marino.
Da oggi si dovrà ragionare anche alla luce della piazza di ieri. Ma non troppo. Perchè la dirigenza Bersani ha in mente di liberarsi dall'ansia dipietrista e non ci sta a cavalcare l'onda umana che esibisce le manette in piazza contro Berlusconi. Bersani è silente (parla oggi, ospite della trasmissione di Lucia Annunziata in mezz'ora su Raitre), Fini pure, ma, mentre i berlusconiani del Pdl restano fedeli all'invettiva (La Russa per esempio ironizza su «due assenze importanti al No B Day: quelle di Nicchi e Fidanzati», i due latitanti di mafia arrestati ieri) si percepisce un dialogo a distanza tra Democratici e finiani. Il magazine della fondazione Farefuturo, fondata dal presidente della Camera, sfida Pd e Pdl a conquistare la propria autonomia da Idv e Lega. Dimostrino che «la pazienza della proposta invece che l'ansia della protesta - si legge in un articolo di Antonio Rapisarda - E in nome di una visione politica di ampio respiro sta a Pd e Pdl, piaccia alle piazze o no, dimostrare di saper essere una calamità per gli altri. E non un rimorchio per la demagogia».
Anche la sinistra extraparlamentare riflette sul vuoto che porta in piazza una protesta di certo diretta e densa contro Berlusconi, ma impreparata sul dopo-Cavaliere, non matura di proposte alternative. Paolo Ferrero, a nome della Federazione della Sinistra, propone di «continuare la mobilitazione con una campagna referendaria contro la precarietà per abrogare la legge 30», convinto che «la vera opposizione si fa in piazza e non in Parlamento». Nichi Vendola nota la presenza di «tanti partiti senza popolo e un popolo senza partiti: abbiamo il dovere di ricongiungerli».
Berlusconi non si dimetterà, lo ha detto più volte. Prepara le contromosse e, nonostante i fischi che si è preso ieri a Torino, dove ha inaugurato la linea di alta velocità per Milano, si pregia dell'arresto dei latitanti mafiosi. Che tempistica, dopo la deposizione di Spatuzza. Il deputato imprenditore Cazzola del Pdl si chiede sardonico chi l'abbia «pagata la manifestazione» di ieri. Il punto è quanto conterà una piazza così consistente nello scenario che poteri e contropoteri distanti dalle piazze stanno attrezzando per il paese?

L'onda viola in piazza: "Berlusconi dimettiti"

da Liberazione, 6 dicembre 2009, pag. 2

di Laura Eduati

Emiliano ha soltanto quattordici anni ma le idee chiarissime: " Berlusconi non mi piace perchè tratta le donne come degli oggetti". Discorsi che magari avrà sentito a casa, dalla bocca della madre o della zia. "Macchè, io mi informo. Leggo Repubblica on-line". Nella bolgia festante sono migliaia i giovani e giovanissimi scesi in piazza per chiedere le dimissioni di Berlusconi. "Non è un buon esempio etico per l'Italia", sintetizza Mattia, 22 anni, studente di scienze politiche a Lecce che spera di non dover emigrare per trovare lavoro. Sanno che non basta una manifestazione per eliminare il Cavaliere dalla scena politica: " Ci vorrebbe una informazione meno controllata da Mediaset", ripete come tanti Nicolò da Matera, appena diciotto anni e nessuna idea su quale partito voterà. E come lui un sacco di ragazzi politicamente indecisi e spaesati, tranne sulla rivendicazione della piazza: la legge è uguale per tutti. E per ribadirlo sono arrivati da tutta Italia.

Indossano quasi tutti indumenti viola: calze, scarpe, borse, kefiah, persino un palloncino legato ai capelli. Viola pure quello. L'onda viola marcia urlando slogan che non vanno molto per il sottile: "Berlusconi mafioso", "Silvio vattene stronzo", "Hai rotto il c...". Sono arrabbiati, sdegnati. I casertani usano un megafono: "Cosentino non lo vogliamo". La piazza virtuale si è fatta carne, ed è carne pulsante. L'opinione pubblica 2.0, come la chiamano gli organizzatori eredi dei girotondini, da Facebook è passata alla vita reale.

Oltre un milione di partecipanti alla prima piazza organizzata sul web, dicono dal palco allestito a Piazza San Giovanni sul quale saliranno blogger, intellettuali e artisti ma nessun politico perché il No Berlusconi Day voleva essere la mobilitazione della gente e non dei partiti. Ed il corteo è davvero lungo, denso, percorso da una unica martellante richiesta di legalità. Per il popolo viola l'unico modo per ripristinarla è cacciare Berlusconi. D'altronde messaggi e cartelli fai-da-te insistono sul coagulo di anomalie berlusconiane lievitate dopo le dichiarazioni di Spatuzza: il conflitto d'interessi, il presunto legame tra premier e mafia, le leggi ad personam, l'attacco alla Costituzione.

Pochissimi i riferimenti alla "mignottocrazia" , all'affare Noemi, alla D'Addario. Berlusconi se ne deve andare perché è Berlusconi, le politiche su immigrazione, lavoro, fisco, famiglia, non vengono prese in considerazione. Un gruppo di ragazzi di Milano ha confezionato delle manette giganti che accompagnano lettere gialle dell'alfabeto per formare la parola "Dimettiti" . Anche questa idea bricolage, dicono, è nata su Facebook.

Serpeggia l'insoddisfazione per il tatticismo del Pd, che non ha aderito alla manifestazione come invece hanno fatto Rifondazione Comunista, Pdci, Italia dei Valori, Sinistra e Libertà, Verdi- Sinistra ecologista, i comunisti di Marco Rizzo. Andrea è uno dei pochissimi a sventolare la bandiera del partito di Bersani. E' del circolo Varlungo di Firenze: "Chi continua a criticare il Pd farebbe bene a prendere la tessera e provare a cambiarlo".

Le bandiere rosse del Prc, concentrate verso la fine del corteo, sono numerosissime e si accalcano vicino al camioncino aperto delle Brigate di Solidarietà Attiva dal quale alcuni lavoratori Eutelia vendono arance "metalmeccaniche"a cinque euro per finanziare la propria lotta. "Scrivi che da quattro mesi non prendiamo lo stipendio" dice Gloria.

Poco dopo un'altra licenziata dell'Eutelia parlerà dal palco, dove il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, lancia accuse pesantissime nel nome delle centinaia di persone che hanno marciato mostrando al cielo un fac-simile dell'agenda rossa del giudice ammazzato dalla mafia, agenda sparita e mai ritrovata, e urlando a squarciagola: "Fuori la mafia dallo Stato". Salvatore scandisce: "Schifani si trincera dietro il suo incarico per non rispondere dei suoi trascorsi societari con i mafiosi". La folla applaude, mentre dai gazebo copie del quotidiano travagliano-dipietrista Il Fatto vanno via come il pane. Si alternano al microfono Ascanio Celestini, Giorgio Bocca in diretta telefonica contro le querele alla stampa promosse da Berlusconi e che "uccidono la libertà di stampa", e poi una terremotata aquilana, Enza Blundo, che dice: "L'Aquila è stata un'operazione di immagine". Dario Fo e Franca Rame sono emozionati: "Quello che vediamo qui ci fa dire che arriverà il momento della festa".

Un successone, per gli organizzatori Franca Corradini, Massimo Malerba, Gianfranco Mascia e Sara de Santis. Hanno già chairito che da No Berlusconi Day non nascerà un partito. Ma nemmeno sono disposti a tornare nelle piazze virtuali dei social network. La mobilitazione ha mischiato moltissima gente comune ma anche partiti e associazioni come Arci, Libera, Articolo 21, Coordinamento dei precari della scuola. Piccole ma viola manifestazioni anche a Sidney, Madrid, Londra e Berlino.

Per Riccardo, operaio veniseienne di Terni, questa è la prima manifestazione nazionale: "Sono qui perchè Berlusconi ci prende in giro" . Non sarà una dichairaziona dal sapore politico, ma il No B Day lascia libero sfogo alle emozioni, all'indignazione e soprattutto alla consapevolezza che l'unica via per sbarazzarsi del premier passi per la magistratura. "Silvio, fatti processare" scandiscono i cartelli. O anche: "Berlusconi wanted" . Oppure un grido ripetuto goliardicamente: "Un unico sogno nel cuore, Berlusconi a San Vittore". Questo urlano i ragazzi del popolo viola, delusi dalla sinistra tiepida o lontana dalla realtà, e delusi dalla generazione dei loro genitori. "Si sono accontentati di poco" riassume Corrado, ventenne veronese che comincia a saltare come allo stadio: "Chi non salta Berlusconi é!".

martedì 1 dicembre 2009

Prc in piazza contro B : " L'unico modo per esistere"

da Il Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2009, pag. 6

di Wanda Marra

Sabato Rifondazione Comunista sarà in piazza per il No B. Day. Con l'Idv è stato il primo partito ad aderire alla manifestazione, lanciata sulla rete. "Abbiamo aderito per primi e invitato tutti i partiti e tutte le forze sociali a partecipare", spiega il segretario, Paolo Ferrero. D'altra parte, insieme al Prc ci saranno tutte le sigle della sinistra radicale ora extraparlamentare. Che con l'occasione riemerge dall'ombra.

Perchè avete deciso di partecipare?

Si tratta di una grande manifestazione organizzata dalla società civile. Per noi è importante che le diverse istanze prendano voce: i diritti delle donne e dei migranti, l'acqua, la lotta alla mafia. Per noi, il punto fondamentale è che sia un grande passaggio di popolo che evidenzi che i problemi dell'Italia non sono il colore delle mutande delle amanti di Berlusconi o i minareti.

Ma la giustizia, che in questo momento è al centro dell'agenda politica, non è uno dei temi a voi più cari...

Noi abbiamo raccolto le firme insieme a Di Pietro sulla questione Lodo Alfano. Per noi, la democrazia e la giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia. Per quanto ci riguarda, non c'è nessun giustizialismo, ma siamo fermamente per la difesa della Costituzione.

Ma non sarà che è un'occasione di visibilità che non potete perdere?

E' soprattutto l'occasione per l'allargamento e l'esplicitazione dell'opposizione a Berlusconi, che va fermato. Anche all'interno di questo contesto la sinistra di alternativa si sta ricostituendo. Il 5 mattina parte la Federazione della Sinistra con una serie di altre forze tra cui il Pdci, che noi proponiamo essere la casa di tutte le sinistre di alternativa. E la manifestazione é anche la nostra: infatti, ci andremo lavorando per la partecipazione.

Ma non vi mette a disagio manifestare con Di Pietro, che da sempre cavalca tematiche molto diverse dalle vostre?

Nella misura in cui siamo d'accordo con la piattaforma, non abbiamo nessun imbarazzo. Noi accentuiamo le questioni sociali che sono le grandi dimenticate del dibattito politico.

Cosa avete in comune con l' Italia dei valori?

L'opposizione a Berlusconi e la necessità di l'opposizione sia molto forte e non compromissoria. Dopodicchè, Di Pietro sul piano politico è legato a una famiglia politica come quella liberale che è di destra. Noi siamo di sinistra.

Quanti dei vostri elettori tradizionali sono ora con Italia dei valori?

Questo non sono in grado di dirlo. Di Pietro in questa fase ha goduto del fatto di essere molto visibile mediaticamente perchè presente in Parlamento, mentre noi siamo completamente oscurati. Dobbiamo recuperare un pò di visibilità, la cui assenza ci penalizza moltissimo. E volgiamo ripartire dal tema del lavoro e della precarietà.

Con i lavoratori per uscire “da sinistra” dalla crisi neoliberista

Verso la Conferenza delle Lavoratrici e dei Lavoratori

intervista a Roberta Fantozzi, responsabile lavoro del Prc (Liberazione del 28/11/2009)

Sconfiggere le politiche neoliberiste, costruendo una via d'uscita “a sinistra” dalla crisi, è possibile. Lo testimoniano le tante vertenze vittoriose condotte in questi mesi dagli operai della Innse di Milano, della Fincantieri, della Safilo,o altre ancora in corso, come quella Alcoa. E tuttavia, permane il rischio che la crisi possa alimentare divisioni sul terreno sociale e la “guerra tra poveri”.


In questo quadro, il compito di una forza politica come Rifondazione non può che essere quello di «ricostruire una prospettiva di trasformazione», stando dentro ad ogni conflitto, costruendo reti di solidarietà nei territori - anche attraverso la creazione di Comitati unitari contro la crisi - e avanzando proposte coerenti sul piano legislativo. Con la consapevolezza che non sarà facile ricucire in breve tempo quel rapporto di fiducia incrinatosi tra la sinistra e quella parte del mondo del lavoro che, ad esempio, si astiene al sud e, al nord, vota Lega. E' questa la strada indicata ai lavoratori e alle lavoratrici di Rifondazione dal documento di preparazione della Conferenza nazionale che si terrà il 30 e 31 gennaio. «Un testo di avvio della discussione, modificabile e integrabile», precisa Roberta Fantozzi, responsabile nazionale lavoro del Prc.
Il documento sottolinea il ruolo decisivo delle lotte operaie per costruire una via d'uscita a sinistra dalla crisi- Tuttavia, i sondaggi dicono che molti di questi lavoratori che, almeno dentro le loro fabbriche, combattono gli effetti delle politiche neoliberiste, poi però votano a destra. Come si spiega questa contraddizione?
Questa contraddizione è il frutto di processi di lungo periodo. In questi anni c'è stata una frantumazione del mondo del lavoro, che ha reso più difficile per tutti il compito di rappresentarlo. Più di recente, c'è stata Ia delusione per le esperienze dei governi di centrosinistra. Non a caso dal 2006 al 2008 l'astensionismo tra gli operai è aumentato di 11 punti, voti che prima andavano al centrosinistra complessivamente inteso. C'è stato un processo di esodo dalla politica, determinato anche da limiti soggettivi della sinistra. Con questa conferenza intendiamo ribadire che l'iniziativa permanente sui temi del lavoro, il radicamento nei luoghi di lavoro, sono elementi fondativi della nostra identità e, crediamo, di tutta la Federazione della sinistra alternativa. Vogliamo che la conferenza sia un'occasione di protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori che in tutta Italia stanno portando avanti vertenze, mobilitazioni. I compagni e le compagne di Rifondazione sono generosamente dentro a questi conflitti, per pensiamo che si possa fare di più e di meglio. Dopodiché, stare nelle lotte è una parte delle cose che dobbiamo fare, ma non l'unica. Dobbiamo anche lavorare per la ricostruzione della credibilità della sinistra in quanto tale. La Federazione della sinistra di alternativa per noi significa dire «è finita una stagione di divisioni».

Il Prc dà un giudizio durissimo del nuovo modello contrattuale. Nel documento c’è scritto che il partito appoggerà «tutte le iniziative volte a scardinare l'accordo separato, iniziative in cui si registra positivamente il protagonismo della Fiom». Perché solo la Fiom? Tutta la Cgil non ha firmato quell’accordo...
Il fatto che la Cgil non abbia firmato la controriforma della contrattazione è un elemento assolutamente decisivo, perché altrimenti il cerchio si sarebbe chiuso. Quell'accordo è gravissimo perché rappresenta un attacco al salario e ai diritti del lavoro. Si vuole arrivare al contratto individuale immaginando un sindacato di servizi che cogestisce con le imprese quelle parti di stato sociale che si vogliono privatizzare. Un modello non emendabile. Se è così, l'obiettivo deve essere di far saltare quell'accordo, cosa che rende necessario un salto di qualità anche nell'iniziativa della Cgil.

C’è chi, dentro la Cgil, preme per lo scipero generale. Giusto farlo?
Sì. Che l'11 dicembre ci sia lo sciopero della Funzione pubblica e di tutto il settore della conoscenza è positivo ma, data la situazione, riteniamo urgentissimo arrivare a un momento di unificazione delle mobilitazioni.

La Cgil è sotto attacco, la presentazione di una mozione alternativa al congresso non rischia di creare divisioni?
La democrazia si nutre del confronto tra posizioni diverse. Io penso che i lavoratori non comprenderebbero una discussione con toni distruttivi. Invece, che la Cgil discuta della propria strategia per l'oggi e per il futuro, penso sia un modo per rispondere all'attacco di cui è oggetto.

La Fiom ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare sulla democrazia sindacale, Che ne pensi?
Le elezioni delle Rsu ovunque e senza quote di riserva, il voto vincolante sugli accordi sono punti importantissimi, anche se non condividiamo lo sbarramento nazionale al 5%. Sosterremo questa proposta, perché la democrazia non può esistere se è negata nel cuore delle relazioni sociali, nei rapporti di lavoro. Oggi in Italia siamo nella condizione che il padronato si sceglie i sindacati con cui contrattare e chiudere accordi, senza che i lavoratori possano dire in nessun passaggio se quei sindacati li rappresentano o no.

Ferrero, Prc: Morti sul lavoro. Deceduto operaio Thyssen di Terni. Vergogna per ennesimo omicidio.

Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se.

Oggi Diego Bianchina, operaio della Thyssen di Terni di appena 31 anni è stato ucciso dalle esalazioni di acido cloridrico. Rifondazione Comunista esprime dolore e rabbia per l’ennesima vittima sul lavoro. Diego Bianchina e tutte le altre morti bianche sono il frutto di un sistema produttivo che ormai non tiene più nel debito conto la vita dei lavoratori, ma è subordinato alla logica di una produttività esasperata e alla massimizzazione del profitto. Occorre che la politica, le organizzazioni sindacali e le istituzioni diano la priorità assoluta al potenziamento della sicurezza dei lavoratori. Rifondazione Comunista ritiene che tutti gli atti compiuti per “allargare le maglie” della sicurezza sul lavoro introdotte dal Governo debbano essere ritirate. Rifondazione Comunista esprime le più vive condoglianze alla famiglia del giovane Diego Bianchina ed un augurio di pronta guarigione al suo compagno di lavoro, anche lui investito dalle esalazioni dell’acido.