da Liberazione, 6 dicembre 2009, pag. 2
di Angela Mauro
«Avevamo deciso di istituire il Sì Berlusconi Day, per dimostrare che esiste un'altra Italia da quella che sa dire solo no e per manifestare il nostro supporto e il nostro apprezzamento per il Presidente Berlusconi...». Laconico, qualche giorno fa, il sito "siberlusconiday.org", istituito apposta per organizzare la contro-manifestazione al "NoBerlusconiDay" di ieri, annunciava che non se ne fa niente. Ci hanno minacciato, scrivono sul sito i promotori e non si tratta di internauti bensì dei parlamentari berlusconiani Valducci e Stracquadanio. Le forze dell'ordine hanno consigliato di evitare la "contro piazza", spiegano, annunciando che l'iniziativa slitta, forse «a febbraio». Ora, guardando la piazza di ieri, è facile pensare che promuovere per lo stesso giorno un appuntamento di segno uguale e contrario non era una grande idea, nemmeno per i berlusconiani che di iniziative di piazza hanno dimostrato purtroppo di intendersene, in questo paese che da 15 anni si lascia governare dal Cavaliere, più o meno ininterrottamente. Ora si cambia? Presto per dirlo, intanto è un fatto che le "truppe del Presidente" siano state costrette al ritiro.
Evento nato dal web, questo 5 dicembre 2009, i partiti seguono, chi con bandiere, chi no. Quelle rosse di Rifondazione sono tante e si contendono il cielo sopra il corteo, che pullula del viola scelto dagli organizzatori. Spunta qua e là il bianco delle bandiere dell'Idv, abbondante anche questo. Troppo per Rosi Bindi, presidente del Pd che ci crede nel suo ruolo di garanzia azzardandosi in piazza nel tentativo di salvare capra e cavoli. «Così ci siamo anche noi - dice - un piede in piazza, l'altro a costruire l'alternativa...». Ma le bandiere degli altri non le sopporta. «Mi sono vestita apposta in colore neutro», giacca beige, pantaloni neri. «I manifestanti hanno scelto il viola, a che serve imporre il rosso o le bandiere dell'Idv?». Ma, nonostante il ruolo difficile, stretto dalle critiche di chi (Prc, Sinistra e Libertà, Di Pietro) condanna la non adesione ufficiale dei Democratici, Bindi è a suo agio. Storce la bocca guardando lo spezzone del corteo che si muove al passo di «Mafioso, mafioso!» (a Berlusconi). «Bisogna stare attenti...», è pensierosa la presidente che su Spatuzza nutre gli stessi dubbi di tutti quelli che non vogliono trarre conclusioni affrettate dalle parole di un collaboratore di giustizia. «Lo mandiamo a casa?», le fa uno. «Se ci riusciamo... Di certo, se chiama un'altra volta in una diretta televisiva dove ci sono io, lo denuncio per stalking telefonico». Intorno ridono, pensando alla telefonata a Porta a Porta quando il premier le disse «sei più bella che intelligente». La piazza tira. Una ventina di manifestanti camminano reggendo lettere giganti: quelle della parola «d-i-m-e-t-t-i-t-i». E Bindi o non Bindi, il Pd si avvia ad una fase molto complicata, a partire dalla prossima settimana, quando dovrà decidere che atteggiamento assumere alla Camera sulla legge sul legittimo impedimento, cara a Pdl, Lega e anche Udc. Franceschini e i suoi in piazza, Marino e la Concia pure, pezzi di minoranza democratica marcano la differenza da Bersani e anche da un Franco Marini, convinto che «con una piazza così ci teniamo Berlusconi ancora per anni...». Ma in fondo gli sconfitti alle primarie del 25 ottobre non sembrano in procinto di innescare una feroce battaglia interna (le regionali sono alle porte), al contrario si caricano addosso una "funzione cuscinetto" rispetto alle proteste esterne. «Dov'è il Pd, dov'è Bersani, dov'è la chiesa, dov'è il papa?», osa Ulderico Pesce dal palco, ma la piazza non fischia Rosi, lontanissimo il ricordo del D'Alema contestato alla marcia della pace Perugia-Assisi anni fa. «Ma sì, le difficoltà del Pd sono costruite...», smorza i toni Marino.
Da oggi si dovrà ragionare anche alla luce della piazza di ieri. Ma non troppo. Perchè la dirigenza Bersani ha in mente di liberarsi dall'ansia dipietrista e non ci sta a cavalcare l'onda umana che esibisce le manette in piazza contro Berlusconi. Bersani è silente (parla oggi, ospite della trasmissione di Lucia Annunziata in mezz'ora su Raitre), Fini pure, ma, mentre i berlusconiani del Pdl restano fedeli all'invettiva (La Russa per esempio ironizza su «due assenze importanti al No B Day: quelle di Nicchi e Fidanzati», i due latitanti di mafia arrestati ieri) si percepisce un dialogo a distanza tra Democratici e finiani. Il magazine della fondazione Farefuturo, fondata dal presidente della Camera, sfida Pd e Pdl a conquistare la propria autonomia da Idv e Lega. Dimostrino che «la pazienza della proposta invece che l'ansia della protesta - si legge in un articolo di Antonio Rapisarda - E in nome di una visione politica di ampio respiro sta a Pd e Pdl, piaccia alle piazze o no, dimostrare di saper essere una calamità per gli altri. E non un rimorchio per la demagogia».
Anche la sinistra extraparlamentare riflette sul vuoto che porta in piazza una protesta di certo diretta e densa contro Berlusconi, ma impreparata sul dopo-Cavaliere, non matura di proposte alternative. Paolo Ferrero, a nome della Federazione della Sinistra, propone di «continuare la mobilitazione con una campagna referendaria contro la precarietà per abrogare la legge 30», convinto che «la vera opposizione si fa in piazza e non in Parlamento». Nichi Vendola nota la presenza di «tanti partiti senza popolo e un popolo senza partiti: abbiamo il dovere di ricongiungerli».
Berlusconi non si dimetterà, lo ha detto più volte. Prepara le contromosse e, nonostante i fischi che si è preso ieri a Torino, dove ha inaugurato la linea di alta velocità per Milano, si pregia dell'arresto dei latitanti mafiosi. Che tempistica, dopo la deposizione di Spatuzza. Il deputato imprenditore Cazzola del Pdl si chiede sardonico chi l'abbia «pagata la manifestazione» di ieri. Il punto è quanto conterà una piazza così consistente nello scenario che poteri e contropoteri distanti dalle piazze stanno attrezzando per il paese?
di Angela Mauro
«Avevamo deciso di istituire il Sì Berlusconi Day, per dimostrare che esiste un'altra Italia da quella che sa dire solo no e per manifestare il nostro supporto e il nostro apprezzamento per il Presidente Berlusconi...». Laconico, qualche giorno fa, il sito "siberlusconiday.org", istituito apposta per organizzare la contro-manifestazione al "NoBerlusconiDay" di ieri, annunciava che non se ne fa niente. Ci hanno minacciato, scrivono sul sito i promotori e non si tratta di internauti bensì dei parlamentari berlusconiani Valducci e Stracquadanio. Le forze dell'ordine hanno consigliato di evitare la "contro piazza", spiegano, annunciando che l'iniziativa slitta, forse «a febbraio». Ora, guardando la piazza di ieri, è facile pensare che promuovere per lo stesso giorno un appuntamento di segno uguale e contrario non era una grande idea, nemmeno per i berlusconiani che di iniziative di piazza hanno dimostrato purtroppo di intendersene, in questo paese che da 15 anni si lascia governare dal Cavaliere, più o meno ininterrottamente. Ora si cambia? Presto per dirlo, intanto è un fatto che le "truppe del Presidente" siano state costrette al ritiro.
Evento nato dal web, questo 5 dicembre 2009, i partiti seguono, chi con bandiere, chi no. Quelle rosse di Rifondazione sono tante e si contendono il cielo sopra il corteo, che pullula del viola scelto dagli organizzatori. Spunta qua e là il bianco delle bandiere dell'Idv, abbondante anche questo. Troppo per Rosi Bindi, presidente del Pd che ci crede nel suo ruolo di garanzia azzardandosi in piazza nel tentativo di salvare capra e cavoli. «Così ci siamo anche noi - dice - un piede in piazza, l'altro a costruire l'alternativa...». Ma le bandiere degli altri non le sopporta. «Mi sono vestita apposta in colore neutro», giacca beige, pantaloni neri. «I manifestanti hanno scelto il viola, a che serve imporre il rosso o le bandiere dell'Idv?». Ma, nonostante il ruolo difficile, stretto dalle critiche di chi (Prc, Sinistra e Libertà, Di Pietro) condanna la non adesione ufficiale dei Democratici, Bindi è a suo agio. Storce la bocca guardando lo spezzone del corteo che si muove al passo di «Mafioso, mafioso!» (a Berlusconi). «Bisogna stare attenti...», è pensierosa la presidente che su Spatuzza nutre gli stessi dubbi di tutti quelli che non vogliono trarre conclusioni affrettate dalle parole di un collaboratore di giustizia. «Lo mandiamo a casa?», le fa uno. «Se ci riusciamo... Di certo, se chiama un'altra volta in una diretta televisiva dove ci sono io, lo denuncio per stalking telefonico». Intorno ridono, pensando alla telefonata a Porta a Porta quando il premier le disse «sei più bella che intelligente». La piazza tira. Una ventina di manifestanti camminano reggendo lettere giganti: quelle della parola «d-i-m-e-t-t-i-t-i». E Bindi o non Bindi, il Pd si avvia ad una fase molto complicata, a partire dalla prossima settimana, quando dovrà decidere che atteggiamento assumere alla Camera sulla legge sul legittimo impedimento, cara a Pdl, Lega e anche Udc. Franceschini e i suoi in piazza, Marino e la Concia pure, pezzi di minoranza democratica marcano la differenza da Bersani e anche da un Franco Marini, convinto che «con una piazza così ci teniamo Berlusconi ancora per anni...». Ma in fondo gli sconfitti alle primarie del 25 ottobre non sembrano in procinto di innescare una feroce battaglia interna (le regionali sono alle porte), al contrario si caricano addosso una "funzione cuscinetto" rispetto alle proteste esterne. «Dov'è il Pd, dov'è Bersani, dov'è la chiesa, dov'è il papa?», osa Ulderico Pesce dal palco, ma la piazza non fischia Rosi, lontanissimo il ricordo del D'Alema contestato alla marcia della pace Perugia-Assisi anni fa. «Ma sì, le difficoltà del Pd sono costruite...», smorza i toni Marino.
Da oggi si dovrà ragionare anche alla luce della piazza di ieri. Ma non troppo. Perchè la dirigenza Bersani ha in mente di liberarsi dall'ansia dipietrista e non ci sta a cavalcare l'onda umana che esibisce le manette in piazza contro Berlusconi. Bersani è silente (parla oggi, ospite della trasmissione di Lucia Annunziata in mezz'ora su Raitre), Fini pure, ma, mentre i berlusconiani del Pdl restano fedeli all'invettiva (La Russa per esempio ironizza su «due assenze importanti al No B Day: quelle di Nicchi e Fidanzati», i due latitanti di mafia arrestati ieri) si percepisce un dialogo a distanza tra Democratici e finiani. Il magazine della fondazione Farefuturo, fondata dal presidente della Camera, sfida Pd e Pdl a conquistare la propria autonomia da Idv e Lega. Dimostrino che «la pazienza della proposta invece che l'ansia della protesta - si legge in un articolo di Antonio Rapisarda - E in nome di una visione politica di ampio respiro sta a Pd e Pdl, piaccia alle piazze o no, dimostrare di saper essere una calamità per gli altri. E non un rimorchio per la demagogia».
Anche la sinistra extraparlamentare riflette sul vuoto che porta in piazza una protesta di certo diretta e densa contro Berlusconi, ma impreparata sul dopo-Cavaliere, non matura di proposte alternative. Paolo Ferrero, a nome della Federazione della Sinistra, propone di «continuare la mobilitazione con una campagna referendaria contro la precarietà per abrogare la legge 30», convinto che «la vera opposizione si fa in piazza e non in Parlamento». Nichi Vendola nota la presenza di «tanti partiti senza popolo e un popolo senza partiti: abbiamo il dovere di ricongiungerli».
Berlusconi non si dimetterà, lo ha detto più volte. Prepara le contromosse e, nonostante i fischi che si è preso ieri a Torino, dove ha inaugurato la linea di alta velocità per Milano, si pregia dell'arresto dei latitanti mafiosi. Che tempistica, dopo la deposizione di Spatuzza. Il deputato imprenditore Cazzola del Pdl si chiede sardonico chi l'abbia «pagata la manifestazione» di ieri. Il punto è quanto conterà una piazza così consistente nello scenario che poteri e contropoteri distanti dalle piazze stanno attrezzando per il paese?
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