da Liberazione, 8 dicembre 2oo9, pag. 6
di Andrea Milluzzi
Ci risiamo. Per la quarta volta la stampa "di partito, di idee e cooperativa" deve prepararsi alla battaglia per scongiurare il rischio chiusura. Una volta il governo Prodi e tre (contando questa) il governo Berlusconi hanno cercato di strangolare il meccanismo dei finanziamenti pubblici diretti all'editoria. I finanziamenti diretti sono rivolti a quelle testate (circa un centinaio fra giornali di partito, cooperative, locali e delle minoranze linguistiche) mentre quelli indiretti, garantiti cioè a copertura delle spese postali e di spedizione, riservati ai grandi gruppi come Repubbica, il Corriere e Il Sole 24 ore, non sono mai stati messi in discussione. Si fanno cifre sempre molto vaghe di quano sia ingente questo fondo, cercando di intercettare il malcontento dell'opinione pubblica che vede questi giornali come una casta privilegiata: in realta, l'importo totale dell'ultimo stanziamento- in calo fra l'altro rispetto agli anni precedenti- si aggira sui 120 milioni di euro, indispensabili per garantire l'esistenza di tutti quegli organi di informazione che non riescono a vivere sulle proprie gambe per mancanza di pubblicità, fagocitata quasi interamente dalle tv e dai grandi gruppi. Questo significa che circa duemila giornalisti - fra professionisiti e pubblicisti- e 1500 poligrafici adesso rischiano di perdere il posto di lavoro. Perchè il governo, con un colpo di mano, ha inserito nel maxiemendamento della Finanziaria il comma 53 bis che così recita: "I contributi e le provvidenze spettano nel limite dello stanziamento iscritto sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri". Tradotto: testate come Il Manifesto, l'Unità, Il Secolo, la Padania, Liberazione, Europa, Red tv, L'Avvenire e molte altre non avranno più diritto ai finanziamenti in quanto vanno in edicola- o in onda- (il famoso diritto soggettivo) ma avranno diritto alla loro fetta di torta che la presidenza del Consiglio deciderà a fine anno. Con due grandi ed evidenti problemi: se la cifra che lo Stato mette a disposizione viene resa nota a fine anno, come fanno le aziende a fare i bilanci? E se i contributi vengono elargiti l'anno successivo(o due9 a quello in corso perchè le banche anticipano i soldi alle aziende, come potrà funzionare questo meccanismo senza conoscere la cifra? Problemi che per le testate così piccole, e in alcuni casi già in ristrutturazione per colpa della crisi, significano molto probabilmente la chiusura. E' evidente la volontà politica che sta dietro a questa manovra. Il 53 bis è spuntato dal nulla, senza che Bonaiuti (colui che per il governo si è sempre occupato del tema) ne avesse mai fatto menzione ( cosa che, si mormora, sarebbe alla base di una litigata con Tremonti in Transatlantico) e ieri in commissione Bilancio non è stato neppure intaccato dall'emendamento presentato a firma Pd, Lega e An che il relatore non ha fatto discutere provocando l'abbandono dei lavori da parte dell'opposizione e l'approvazione della Finanziaria da parte della sola maggioranza. E' tornato così il disegno che Tremonti aveva scritto nel giugno 2008 e che la mobilitazione del sindacato e della politica aveva scongiurato. Mobilitazione che adesso riprenderà. "La logica di Tremonti è usare la crisi per ridurre la democrazia, lo ha fato con gli enti locali e adesso con i giornali- sottolinea Paolo Ferrero, segretario del Prc e quindi editore di questo giornale- E' evidente che la logica del bipolarismo trasversale viene messa in campo anche in questo caso. Noi saremo al fianco dei lavoratori in lotta".
Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:" Con un colpo di mano il Governo e la maggioranza hanno improvvisamente cancellato il "diritto soggettivo" dei giornali di idee, di cooperative e di partito a percepire dal 2010 i contributi diretti previsti dallo Stato contraddicendo impegni assunti dal Parlamento e dallo stesso Governo. La Commissione Bilancio della Camera, infatti, ha approvato il maxiemendamento del Governo, impedendo nei fatti ogni possibilità di miglioramento del testo che ora "blindato" andrà al voto dell'aula. Si tratta di una scelta molto grave che mette a repentaglio la possibilità stessa per un centinaio di testate dei più diversi orientamenti politici e culturali di continuare a offrire informazione e dibattito di idee. Si rendono incerte risorse necessarie per la loro esistenza , senza tra l'altro alcuna "bonifica" del settore a favore delle testate che realmente sono in edicola e che trasmettono su Tv e Radio. Così molti posti di lavoro saranno a rischio e le aziende avranno la reale difficoltà ad approvare i bilanci per il prossimo anno.
La Fnsi e il coordinamento dei cdr delle testate coinvolte fanno appello al Parlamento perchè intervenga per bloccare questa operazione che mette a rischio il pluralismo dell'informazione nel nostro paese. E' con questo spirito che Fnsi e i cdr si rivolgono a tutti i colleghi, ai cittadini, alle forze politiche e sociali per condurre assieme questa battaglia di democrazia e per questo hanno indetto una conferenza stampa per mercoledì 9 dicembre alle ore 13 nella sala del Mappamondo della Camera".
di Andrea Milluzzi
Ci risiamo. Per la quarta volta la stampa "di partito, di idee e cooperativa" deve prepararsi alla battaglia per scongiurare il rischio chiusura. Una volta il governo Prodi e tre (contando questa) il governo Berlusconi hanno cercato di strangolare il meccanismo dei finanziamenti pubblici diretti all'editoria. I finanziamenti diretti sono rivolti a quelle testate (circa un centinaio fra giornali di partito, cooperative, locali e delle minoranze linguistiche) mentre quelli indiretti, garantiti cioè a copertura delle spese postali e di spedizione, riservati ai grandi gruppi come Repubbica, il Corriere e Il Sole 24 ore, non sono mai stati messi in discussione. Si fanno cifre sempre molto vaghe di quano sia ingente questo fondo, cercando di intercettare il malcontento dell'opinione pubblica che vede questi giornali come una casta privilegiata: in realta, l'importo totale dell'ultimo stanziamento- in calo fra l'altro rispetto agli anni precedenti- si aggira sui 120 milioni di euro, indispensabili per garantire l'esistenza di tutti quegli organi di informazione che non riescono a vivere sulle proprie gambe per mancanza di pubblicità, fagocitata quasi interamente dalle tv e dai grandi gruppi. Questo significa che circa duemila giornalisti - fra professionisiti e pubblicisti- e 1500 poligrafici adesso rischiano di perdere il posto di lavoro. Perchè il governo, con un colpo di mano, ha inserito nel maxiemendamento della Finanziaria il comma 53 bis che così recita: "I contributi e le provvidenze spettano nel limite dello stanziamento iscritto sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri". Tradotto: testate come Il Manifesto, l'Unità, Il Secolo, la Padania, Liberazione, Europa, Red tv, L'Avvenire e molte altre non avranno più diritto ai finanziamenti in quanto vanno in edicola- o in onda- (il famoso diritto soggettivo) ma avranno diritto alla loro fetta di torta che la presidenza del Consiglio deciderà a fine anno. Con due grandi ed evidenti problemi: se la cifra che lo Stato mette a disposizione viene resa nota a fine anno, come fanno le aziende a fare i bilanci? E se i contributi vengono elargiti l'anno successivo(o due9 a quello in corso perchè le banche anticipano i soldi alle aziende, come potrà funzionare questo meccanismo senza conoscere la cifra? Problemi che per le testate così piccole, e in alcuni casi già in ristrutturazione per colpa della crisi, significano molto probabilmente la chiusura. E' evidente la volontà politica che sta dietro a questa manovra. Il 53 bis è spuntato dal nulla, senza che Bonaiuti (colui che per il governo si è sempre occupato del tema) ne avesse mai fatto menzione ( cosa che, si mormora, sarebbe alla base di una litigata con Tremonti in Transatlantico) e ieri in commissione Bilancio non è stato neppure intaccato dall'emendamento presentato a firma Pd, Lega e An che il relatore non ha fatto discutere provocando l'abbandono dei lavori da parte dell'opposizione e l'approvazione della Finanziaria da parte della sola maggioranza. E' tornato così il disegno che Tremonti aveva scritto nel giugno 2008 e che la mobilitazione del sindacato e della politica aveva scongiurato. Mobilitazione che adesso riprenderà. "La logica di Tremonti è usare la crisi per ridurre la democrazia, lo ha fato con gli enti locali e adesso con i giornali- sottolinea Paolo Ferrero, segretario del Prc e quindi editore di questo giornale- E' evidente che la logica del bipolarismo trasversale viene messa in campo anche in questo caso. Noi saremo al fianco dei lavoratori in lotta".
Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:" Con un colpo di mano il Governo e la maggioranza hanno improvvisamente cancellato il "diritto soggettivo" dei giornali di idee, di cooperative e di partito a percepire dal 2010 i contributi diretti previsti dallo Stato contraddicendo impegni assunti dal Parlamento e dallo stesso Governo. La Commissione Bilancio della Camera, infatti, ha approvato il maxiemendamento del Governo, impedendo nei fatti ogni possibilità di miglioramento del testo che ora "blindato" andrà al voto dell'aula. Si tratta di una scelta molto grave che mette a repentaglio la possibilità stessa per un centinaio di testate dei più diversi orientamenti politici e culturali di continuare a offrire informazione e dibattito di idee. Si rendono incerte risorse necessarie per la loro esistenza , senza tra l'altro alcuna "bonifica" del settore a favore delle testate che realmente sono in edicola e che trasmettono su Tv e Radio. Così molti posti di lavoro saranno a rischio e le aziende avranno la reale difficoltà ad approvare i bilanci per il prossimo anno.
La Fnsi e il coordinamento dei cdr delle testate coinvolte fanno appello al Parlamento perchè intervenga per bloccare questa operazione che mette a rischio il pluralismo dell'informazione nel nostro paese. E' con questo spirito che Fnsi e i cdr si rivolgono a tutti i colleghi, ai cittadini, alle forze politiche e sociali per condurre assieme questa battaglia di democrazia e per questo hanno indetto una conferenza stampa per mercoledì 9 dicembre alle ore 13 nella sala del Mappamondo della Camera".
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