da "Il Corriere della Sera", 21 dicembre 2009, pag. 33
di Pierluigi Battista
Gentile signora Ilaria Cucchi, solo per dirle che non è unanime il silenzio piombato sulle circostanze ancora misteriose della morte assurda di suo fratello Stefano. Solo per constatare quanto sarà improbo, per lei e la sua famiglia, mantenere lo stile esemplare sin qui dimostrato. Nessuna invettiva, nessuna imprecazione da parte vostra, persino una presa di distanza, severa e fiera, da chi voleva prendere a pretesto la morte di Stefano Cucchi per legittimare la violenza di strada e gli insulti contro lo Stato democratico. Una lezione per tutti. Tranne per quello stesso Stato democratico che non sembra prendere a cuore questa vicenda e sembra non curarsi del terribile sospetto che nelle sue prigioni un detenuto possa essere percosso, e addirittura morire nella solitudine e nella sciatteria.
L'Italia è fatta così. dapprima sembra scossa da un sussulto di dignità quando apprende che un ragazzo come Stefano Cucchi esce tumefatto dopo una notte di detenzione, devastato da lesioni di cui non si comprende l'origine, costretto a una degenza ospedaliera incomprensibilmente sottratta alla vista dei suoi familiari ignari della sorte che di lì a poco si porterà via un figlio e un fratello arrestato qualche giorno prima. Poi, gradualmente, quella vicenda passa in secondo piano. Le immagini del corpo di Stefano Cucchi sbiadiscono. L'indignazione perchè qualcuno possa aver malmenato un giovane si attenua. I medici dell'ospedale che non forniva nessuna notizia a lei e ai suoi genitori sono stati reintegrati. I carabinieri e gli agenti penitenziari si rimpallano le responsabilità. Non si sa più a che punto siano le indagini. Non si tiene in nessun conto persino il documento del Dap che ha ammesso una sequenza impressionante di errori, negligenze e prepotenze. Scema l'attenzione dei media. E nessuno sembra voler rispondere alla domanda fondamentale che lei e i suoi genitori andate tenacemente ripetendo ormai da mesi: come e perchè è morto Stefano Cucchi?
E' sempre più difficile chiederle, signora Cucchi, di mantenere la linea di condotta che ha sin qui caratterizzato la vostra sacrosanta azione di denuncia. Sappia però che non tutti i cittadini italiani sono disposti a sorvolare sul sospetto che nelle carceri di uno Stato democratico, in cui il rigore della legge non può essere disgiunto dalla tutela intransigente della dignità delle persone, qualcuno possa percuotere e malmenare un detenuto, chiunque esso sia. Proprio in questi giorni i radicali stanno sollevando su un altro terribile caso, quello di Aldo Bianzino, trovato morto in cella a Perugia nel 2007, con lesioni interne causate da non si sa che cosa. La speranza è che la morte di suo fratello Stefano non ripiombi nell'indifferenza generale con cui è stata accolta la morte di Bianzino. Purtroppo la speranza appare sempre più irragionevole. Tenga duro, signora Cucchi, anche per tutti noi.
di Pierluigi Battista
Gentile signora Ilaria Cucchi, solo per dirle che non è unanime il silenzio piombato sulle circostanze ancora misteriose della morte assurda di suo fratello Stefano. Solo per constatare quanto sarà improbo, per lei e la sua famiglia, mantenere lo stile esemplare sin qui dimostrato. Nessuna invettiva, nessuna imprecazione da parte vostra, persino una presa di distanza, severa e fiera, da chi voleva prendere a pretesto la morte di Stefano Cucchi per legittimare la violenza di strada e gli insulti contro lo Stato democratico. Una lezione per tutti. Tranne per quello stesso Stato democratico che non sembra prendere a cuore questa vicenda e sembra non curarsi del terribile sospetto che nelle sue prigioni un detenuto possa essere percosso, e addirittura morire nella solitudine e nella sciatteria.
L'Italia è fatta così. dapprima sembra scossa da un sussulto di dignità quando apprende che un ragazzo come Stefano Cucchi esce tumefatto dopo una notte di detenzione, devastato da lesioni di cui non si comprende l'origine, costretto a una degenza ospedaliera incomprensibilmente sottratta alla vista dei suoi familiari ignari della sorte che di lì a poco si porterà via un figlio e un fratello arrestato qualche giorno prima. Poi, gradualmente, quella vicenda passa in secondo piano. Le immagini del corpo di Stefano Cucchi sbiadiscono. L'indignazione perchè qualcuno possa aver malmenato un giovane si attenua. I medici dell'ospedale che non forniva nessuna notizia a lei e ai suoi genitori sono stati reintegrati. I carabinieri e gli agenti penitenziari si rimpallano le responsabilità. Non si sa più a che punto siano le indagini. Non si tiene in nessun conto persino il documento del Dap che ha ammesso una sequenza impressionante di errori, negligenze e prepotenze. Scema l'attenzione dei media. E nessuno sembra voler rispondere alla domanda fondamentale che lei e i suoi genitori andate tenacemente ripetendo ormai da mesi: come e perchè è morto Stefano Cucchi?
E' sempre più difficile chiederle, signora Cucchi, di mantenere la linea di condotta che ha sin qui caratterizzato la vostra sacrosanta azione di denuncia. Sappia però che non tutti i cittadini italiani sono disposti a sorvolare sul sospetto che nelle carceri di uno Stato democratico, in cui il rigore della legge non può essere disgiunto dalla tutela intransigente della dignità delle persone, qualcuno possa percuotere e malmenare un detenuto, chiunque esso sia. Proprio in questi giorni i radicali stanno sollevando su un altro terribile caso, quello di Aldo Bianzino, trovato morto in cella a Perugia nel 2007, con lesioni interne causate da non si sa che cosa. La speranza è che la morte di suo fratello Stefano non ripiombi nell'indifferenza generale con cui è stata accolta la morte di Bianzino. Purtroppo la speranza appare sempre più irragionevole. Tenga duro, signora Cucchi, anche per tutti noi.
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