lunedì 25 ottobre 2010

"Il grande errore è pensare che bruciarli sia la soluzione"

Intervista a Massimo Scalia - Professore di fisica ambientale Università "La Sapienza" di Roma

di Roberto Farneti

Professor Scalia, la Campania è di nuovo alle prese con l'emergenza rifiuti. A Napoli cresce la quantità d'immondizia nelle strade. I cittadini di Terzigno sono in rivolta contro l'apertura, nel parco del Vesuvio, della discarica più grande d'Europa. Scelta condannata anche dall'Ue. Il premier Silvio Berlusconi scarica la responsabilità sugli amministratori locali campani, parla di "cattiva gestione" e ribadisce che le soluzioni adottate dal governo in questi due anni e mezzo sono "assolutamente valide". Di diverso avviso è il commissario europeo all'Ambiente, Janez Potocnik, secondo cui quanto sta accadendo in questi giorni in Campania dimostra invece che le misure adottate dal 2008 "sono insufficienti". Chi ha ragione?


Sono quindici anni che Berlusconi racconta favole con grande successo. Il guaio è che l'Italia è un paese di scarsa memoria su quasi tutto. L'emergenza rifiuti in Campania negli ultimi anni è un fenomeno ricorrente e ha radici lontane, che possiamo far risalire alla decisione della giunta Rastrelli, in carica fino al duemila, di affidare tutto il ciclo dei rifiuti - dalla costruzione dell'inceneritore agli impianti di trattamento e stoccaggio - in mani private tramite appalto. Purtroppo la gara fu vinta dall'Impregilo di Cesare Romiti, che in Campania assunse il nome Fibe.

L'errore più grave è stato quello di ritenere che l'inceneritore di Acerra fosse la soluzione di tutti i problemi. Così non è (soprattutto se l'inceneritore è figlio di Romiti...) dal momento che quello dei rifiuti è un ciclo molto complesso. Bassolino commise l'errore di proseguire sulla strada disegnata dalla giunta Rastrelli. In questo modo i problemi si sono andati aggravando. Nel 2008 Berlusconi ha fatto un'operazione puramente di facciata, perchè quando dai pieni poteri alla Protezione Civile a ripulire le strade ci si riesce, ma poi i rifiuti continuano ad ammassarsi e, come si è visto, arriva il momento in cui non si sa più dove metterli.

Bertolaso minimizza. Dice che entro novembre il termovalorizzatore di Acerra "funzionerà a pieno regime" dopodichè, con la messa in funzione dei termovalorizzatori di Napoli e Salerno "si risolverà tutto".

Acerra sarebbe dovuto entrare a regime già nel 2008, perchè questo ritardo? Nel frattempo milioni di tonnellate di rifiuti ammassate sotto forma di ecoballe sono in attesa di essere smaltiti. Ogni giorno in Campania ci sono oltre 7mila tonnellate di rifiuti da gestire. Facendo due conti, non è difficile capire che ci vorrà almeno una dozzina d'anni per bruciare l'accumulato. Non capisco poi perchè insistono con l'apertura di una seconda discarica nel parco del Vesuvio. Ricordo che, all'epoca del governo Prodi, Bertolaso si dimise perchè aveva proposto come soluzione la famosa discarica di Serre, in provincia di Salerno, dotata di una capacità di un milione e mezzo di metri cubi e distesa su un letto di argilla spesso più di venti metri. Il luogo ideale per ospitare rifiuti perchè l'argilla, essendo impermeabile, impedisce infiltrazioni nel terreno sottostante. Il ministro Pecoraro Scanio si oppose perchè la discarica sarebbe sorta a cinquecento metri da non so quale oasi del Wwf. Incredibilmente Prodi diede ragione al suo ministro e Bertolaso se ne andò. Sui rifiuti anche la sinistra ha commesso degli errori colossali. Errori su cui Berlusconi ha costruito le sue bugie.

Le discariche, però, sono gestite a livello provinciale e Serre non è in provincia di Napoli.

Quella sui rifiuti è una competenza regionale che può essere poi compartimentata per province. Non esiste il piano provinciale per i rifiuti, esiste il piano regionale.

Cos'altro si dovrebbe fare per uscire dall'emergenza rifiuti in Campania?

Il guaio è che in Campania, per varie ragioni, si producono più rifiuti che nel resto d'Italia. Ad esempio, siccome c'è molta agricoltura, qui hanno il 20% di organico in più. Bisognerebbe far funzionare meglio tutti gli impianti di trattamento che, se non ricordo male, sette erano e sette sono rimasti, quasi tutti in provincia di Napoli. Per esempio gli impianti di Caivano sono niente più che nastri che fanno il vaglio della immondizia, non sono mai riusciti a produrre compost e anche la separazione la fanno male.

E la raccolta differenziata? Lo sa che c'è un comune del Vesuviano dove è al 53%? Si chiama Cercola, 21mila abitanti, è attaccato a Napoli. Però là le strade sono pulite...

Se è per questo ci sono piccoli centri, con sindaci bravi, dove la differenziata è all'80%. Oggi Napoli è al 19% ma non si può paragonare un paesino a una grande città, dove tutto è più difficile. E poi penso anche che se da un lato è giusto stigmatizzare amministrazioni incapaci e persino corrotte, dall'altro va sottolineato che pure i corpi intermedi - livelli amministrativi, operatori - non hanno brillato. Ricordate quando i camion per la raccolta della spazzatura a Napoli non potevano uscire dai depositi perchè avevano le gomme bucate? Bisognerebbe che anche i cittadini campani facessero la loro parte, partecipando di più alla raccolta differenziata e modificando certi stili di vita, visto che producono in media più rifiuti che nel resto d'Italia. Certamente bisogna evitare di ricommettere l'errore di pensare - come sta facendo il governo - che il problema dei rifiuti si risolve con l'incenerimento. C'è invece bisogno di un sistema di tipo industriale efficente in cui tutte le fasi dello smaltimento agiscano in modo coordinato: la raccolta differenziata, il recupero, il riciclaggio, il ritrattamento di quello che avanza.

su Liberazione (24/10/2010)

«Vendola? Bene i contenuti Ma a sinistra ci vuole unità»

Intervista a Paolo Ferrero

di Frida Nacinovic

Paolo Ferrero, che impressione ti ha fatto l'intervento di Vendola? Ti è piaciuto?

Ho molto condiviso la descrizione della crisi italiana letta come crisi organica, di civiltà oltre che economica e sociale. Così come ho condiviso gli obiettivi di trasformazione che Vendola ha proposto. In particolare ho apprezzato la sua sottolineatura sul valore del lavoro, sulla necessità di rimettere al centro la dignità del lavoro. Sugli obiettivi di fondo siamo d'accordo.

Cosa invece non ti ha convinto?

Detta in una battuta non mi ha convinto la strada che implicitamente più che esplicitamente Vendola propone per realizzare quegli obiettivi.


Ma se Vendola vincesse le primarie....

Ascoltandolo sembra che una sua vittoria alle primarie significherebbe l'improvvisa possibilità di avere una maggioranza parlamentare tutta protesa a costruire l'alternativa in Italia: no alla guerra, acqua pubblica, piattaforma della Fiom sul lavoro...

Ma i partiti ci sono: dal Pd all'Idv, all'Udc. E c'è anche Confindustria.

Come si fa a realizzare quanto evocato da Vendola governando insieme al Pd o addirittura all'Udc? C'è un salto logico fra gli obiettivi enunciati - tutti condivisibili - e le pratiche per realizzarli. Faccio un esempio: il Pd non ha aderito alla manifestazione della Fiom anche se qualche dirigente c'era, l'Udc ne ha detto peste e corna. Dunque bravo Vendola quando parla con accenti positivi di lavoro, di diritti, ma poi, come realizzare questa politica con questo centrosinistra?

L'impressione è che Vendola non sia interessato ad unire quanto c'è alla sinistra del Pd. Dice che bisogna «confrontarci con tutti i soggetti del centrosinistra, anche con l'Idv, che dobbiamo parlare ai compagni della Federazione della sinistra, dobbiamo parlare a Grillo e ai grillini». Insomma, tutti insieme in un unico contenitore.

Neppure io ho sentito nella relazione di Vendola il tema dell'unità a sinistra. Si rivolge direttamente al centrosinistra, in particolar modo al Pd. Credo al contrario che la sinistra vada unita così che le cose indicate anche da Vendola, oltre a dirle, si riescano a fare. Per realizzare quegli obiettivi occorre fare una battaglia politica forte, organizzare una forte sinistra, ricostruire nel paese un movimento della trasformazione a base di massa. Per questo è un passaggio ineludibile proseguire la mobilitazione sociale e unire la sinistra a partire dai contenuti espressi dalla manifestazione dei metalmeccanici della Fiom del 16, per l'acqua pubblica, il no alla guerra in Afghanistan.

E con il Pd come la mettiamo?

Occorre unire tutta la sinistra, costruire un movimento di lotta e a partire da questo incalzare il Pd a partire dai contenuti. Occorre rafforzare il campo della sinistra per poter fare una battaglia politica efficace. Anche per questo sono rimasto deluso da non aver sentito una parola contro il bipolarismo, come se il bipolarismo non fosse stato utilizzato in questi anni da Confindustria per continuare a comandare qualsiasi fosse lo schieramento che governava. Come se il bipolarismo non fosse corresponsabile della deriva populista e plebiscitaria che ammorba la politica italiana oggi.

Vendola vuole cambiare il centrosinistra vincendo le primarie del centrosinistra, Ferrero vuole unire la sinistra. Sono progetti politici molto diversi. Inconciliabili?

Ripeto, grande consonanza sugli obiettivi ma certo si tratta di due progetti politici diversi. Io continuo però a pensare che la nostra gente ritenga necessaria l'unità della sinistra, di quella sinistra autonoma dai poteri forti del paese che invece hanno più di una superficie di contatto con il centrosinistra. Per questo penso dobbiamo continuare ad avanzare la nostra proposta di unità a sinistra, a partire dalle liste per le amministrative. Per noi la necessità dell'unità non è un optional ma un punto decisivo per cambiare il paese.

Nel suo intervento Vendola ha guardato anche giustamente alle esperienze positive che arrivano dall'America latina. Di Europa si è parlato poco.

Ho condiviso molto la valorizzazione delle esperienze latinoamericane. Certo sarebbe stato bene ascoltare qualche parola sul profilo delle socialdemocrazie nel continente. In Europa la battaglia non è solo contro le destre, ma anche contro un pensiero unico che unisce spesso e volentieri centrodestra e centrosinistra al momento di decidere sulle politiche concrete.

su Liberazione (23/10/2010)

giovedì 21 ottobre 2010

Rifiuti: bugie, affari e camorra

di Tommaso Sodano

Guido Bertolaso nel dicembre 2009 dichiarava: "Il dato inconfutabile è che ci sono 6 discariche a norma, 7 impianti Stir attivi e un termovalorizzatore che funziona come un orologio svizzero, non inquina e produce reddito (...) Aver risolto questa emergenza è dunque per me la maggiore soddisfazione possibile". Egli sanciva la fine dell'emergenza rifiuti in Campania, almeno sulla carta la fine della gestione commissariale da lui guidata nel ruolo di sottosegretario di governo.
Le vicende di questi mesi invece raccontano un'altra storia. L'inceneritore di Acerra acceso, in stile hollivoodiano dalla coppia B&B, Berlusconi - Bertolaso, il 26 marzo del 2009 , in realtà fu aperto senza il rispetto delle prescrizioni ambientali, ed è soggetto a continue "rotture" e conseguenti fermi delle linee. Nei giorni scorsi funzionava una linea su tre. Ma cosa piu' grave è che in 500 giorni di funzionamento ha superato i limiti di emissioni delle polveri sottili per oltre 200 volte (il limite di legge è di 35 giorni l'anno). E come ho denunciato alla Procura di Napoli è in funzione senza un collaudo definitivo e comunque senza aver installato le strumentazioni necessarie per garantire il controllo sulle emissioni, sul mercurio e il trattamento delle ceneri. Garanzie minime per la salute dei cittadini.
I rifiuti erano scomparsi dalle strade, ma i problemi di tipo strutturale legati ad una corretta pianificazione del ciclo dei rifiuti non erano stati affrontati. La logica, sempre la stessa, quella di trovare "buchi "per farne discariche, e con i poteri straordinari e con la militarizzazione dei territori si sono aperte le discariche della vergogna che hanno consentito, fino ad ora, di nascondere i rifiuti sotto il tappeto. Dunque discariche a Chiaiano, a ridosso della zona ospedaliera di Napoli e Terzigno nel pieno del Parco Nazionale del Vesuvio.
Per aprirle si è fatto ricorso a una legislazione emergenziale che ha fatto gridare allo scandalo anche la Commissione Europea che di recente ha definito "un'aberrazione" la discarica all'interno di un'area protetta come è il Vesuvio. La rivolta della popolazione vesuviana è esplosa a seguito della volontà di aprire una seconda discarica di dimensioni enormi nella stessa area. Ed è il caso di ricordare che nell'area del Vesuvio negli anni '80 e fino all'istituzione del Parco era la camorra che gestiva le discariche ed oggi vedere lo Stato trattare quella terra allo stesso modo fa indignare le coscienze. Le popolazioni sono esauste. Si è rotto il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni perchè non si fa quello che si promette.
A Terzigno poche settimane fa Berlusconi aveva assicurato che non si sarebbe aperta una seconda discarica e invece viene smentito da Bertolaso. E poi i dati ambientali sull'inquinamento delle falde che accrescono le preoccupazioni.
Per capire i termini di questa "nuova"emergenza bisogna considerare che in Campania si producono ogni giorno 7200 tonnellate di rifiuti e che solo il 16 % viene raccolto in modo differenziato mentre tutto il resto viene indirizzato verso gli impianti di trito vagliatura o direttamente in discarica. Con queste quantità e senza incrementare la raccolta differenziata, le discariche si stanno rapidamente esaurendo. Secondo le previsioni, nei primi mesi del 2011 saranno sature quasi tutte le discariche esistenti con una nuova drammatica emergenza. E' da considerare che, al momento, pur avendo sperperato negli ultimi 10 anni oltre 2 miliardi di euro, in Campania ci sono solo due impianti per il trattamento della frazione umida (compost) con una capacità di 25 mila tonnellate all'anno a fronte di una esigenza di 500 mila tonnellate. Qui è il cuore del problema: la scelta di puntare su incenerimento e discariche invece che su riduzione, raccolta differenziata, riciclo e riuso delle merci, senza dunque attivare tutti gli impianti necessari a questa finalità.
Ogni volta che c'è un'emergenza e i riflettori si accendono sulla Campania si prova a ridurre il tutto a un problema di ordine pubblico e si fa passare l'idea di una terra incapace di gestire i propri rifiuti. Ma se si analizza con serietà e rigore quello che è avvenuto in questi anni si comprende che il vero problema è di una classe politica trasversale e consociativa che si è piegata alle lobbies degli inceneritori da un lato e a un sistema affaristico clientelare, dall'altro, che si spartiva consulenze e appalti spesso scendendo a compromessi con la camorra. Il centrodestra ha vinto le elezioni in Campania puntando tutto sulla risoluzione del problema rifiuti, dopo che i suoi dirigenti più autorevoli, come Cosentino e Landolfi, avevano gestito con il sottobosco bassoliniano il "sistema rifiuti" e oggi mostrano l'incapacità ad affrontare il problema.
Questa è la crisi più grave perchè avviene quando nell'immaginario collettivo ci si stava avviando verso la normalità e soprattutto perchè le casse degli enti delegati (regione e province) sono vuote e non si sono affrontati alla radice i deficit strutturali che permangono in Campania.

su Liberazione (21/10/2010)

mercoledì 20 ottobre 2010

Rifondazione plaude i metalmeccanici "Ora comitati 16 ottobre nei territori"

di Stefano Galieni

Entusiasmo per la manifestazione del 16 ottobre, preoccupazioni e perplessità nella valutazione dello stato del partito, della Federazione, nella capacità di essere adeguati alla fase politica. Su questo doppio binario si sono susseguiti gli interventi del secondo giorno di dibattito al Comitato politico nazionale del Prc. Positive tanto le valutazioni sulla manifestazione quanto sulla presenza del Prc dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Ad interventi da cui emergeva pessimismo si sono succeduti contributi propositivi. Ad esempio De Cesaris, richiamandosi al congresso di Chianciano, ha posto al centro la necessità di praticare una proposta autonoma dal centro sinistra che veda il partito capace di affermare l'unità a sinistra a partire dalle lotte sociali e da una propria linea politica. Bellotti ha chiesto di provare a sviscerare il corteo del giorno precedente per cogliervi l'affermazione di una "egemonia operaia".
Emprin, evocando il movimento femminista, ha percepito nella capacità di mobilitazione del Prc, una ricerca di senso così come è stato per i referendum sull'acqua o per la sanità. Alunni ha portato la voce dei movimenti sociali che non votano, Caporusso ha evidenziato contraddizioni come quelle siciliane, dove il Pd governa con Lombardo e finiani. Amato ha incluso la mobilitazione nel quadro di un analisi europea della crisi e ha posto al centro la necessità di definire un "polo dei beni comuni e del lavoro", mentre per Mainardi, la ricchezza della manifestazione è stata nel mostrare come più che di un leader la sinistra sia alla ricerca di una pratica di conflitto sociale condivisa. A tal proposito ha proposto una "assise programmatica della sinistra di alternativa". Barbarossa ha presentato un testo, firmato da donne anche non iscritte al partito che intendono partecipare al congresso della federazione con un proprio ambito di interconnessione, ad esempio, con le giovani lavoratrici di Pomigliano.
Ruvido e incisivo, Burgio ha posto il problema dell'utilità e del senso del partito considerando l'invisibilità mediatica anche come risultante di una scarsa chiarezza di strategia e ha criticato come da una parte si affermi la necessità dell'unità a sinistra e nel contempo si sia ostili a Sel tanto da non risultare credibili. Per Mantovani, alcuni elementi di contraddizione presenti nel corteo Fiom stanno a dimostrare come la classe operaia sia sulla difensiva, e come, in un contesto di globalizzazione, il rapporto con il Pd debba necessariamente passare per una estraneità al governo, essendo questo non un tema astratto ma una forma concreta di gestione del potere. Per Tecce è stato importante sentire il 16, lo spazio dato al reddito di cittadinanza, per Oggionni va valorizzata la presenza costante delle organizzazioni giovanili tanto del Prc quanto del Pdci, che mirano a dare una forma stabile per intrecciare un percorso unitario con la società valorizzando il rapporto con la Cgil.
Acerbo, contrario alle false illusioni che rischia di generare la splendida manifestazione, ha chiesto di non riaprire sotto traccia il tema del governo e, polemizzando con Burgio, si è domandato se le difficoltà verso percorsi unitari dipendano non da nostri settarismi ma dal fatto che la piazza di sabato, così come la Federazione siano stati una risposta reale contro il bipolarismo più che la ricerca di un leader. Altri interventi (Fraleone, Bonadonna ecc...) hanno evidenziato criticità a cui ha provato a dare risposte Paolo Ferrero. "La manifestazione del 16 è stata un punto di passaggio come, con significati diversi, lo sono state altre in passato - ha affermato il segretario - I giornali tentano di dare a questa una torsione populista e politicista mentre invece è stata esempio di come si possa agire con le proprie forze". Secondo il segretario del Prc non vanno ripetuti gli errori fatti dopo "Genova", va invece favorita la nascita di comitati territoriali capaci di convogliare le energie di lavoratori, studenti, precari ecc.. per non lasciare che le mobilitazioni restino episodiche. C'è insomma la possibilità di ricostruire massa critica.
In merito ai problemi della Federazione, pur non sottovalutando i limiti di un regolamento congressuale dovuto anche alla scarsa disponibilità dei partecipanti a cedere sovranità, bisogna andare avanti, svolgendo il congresso sapendo che il percorso resta aperto. La linea politica, stante la situazione, resta quella promossa a Chianciano avvalorata da due elementi, battere Berlusconi e il bipolarismo. Non ci sono gli spazi per una sinistra di alternativa di governo ed è assurdo, date anche le condizioni internazionali, sperare in un repentino mutamento di equilibri. Difficile quindi seguire il percorso di Vendola. No quindi a stupidi settarismi ma offensiva sui contenuti, unità sulla critica comune. I rilievi sul gruppo dirigente, nascono per Ferrero dalla difficoltà a tenere fermi gli indirizzi che ci si danno, ad una sindrome per cui ci si percepisce solo se altri lo fanno, in una condizione di subalternità. Lo stimolo è quello di contribuire, anche grazie a manifestazioni come quella di sabato a costruire comunità e proposte su contenuti. Il segretario non sottovaluta la condizione di censura subita da Prc Federazione, un oscuramento mediatico a cui si può rispondere solo aumentando le capacità comunicative e nel contempo divenendo riconoscibili e identificabili per pochi ma immediati elementi caratterizzanti che definiscano il Prc come politicamente alternativo al Pd e la federazione come un soggetto capace di proporsi con una propria forte specificità. In finale sono stati approvati alcuni documenti fra cui quello proposto dalla segreteria specifico sulla mobilitazione della Fiom.

su Liberazione (19/10/2010)

"Non serve l'ispettore, glielo dico io: bandiera rossa c'è e ben ci sta"

Lettera aperta di Paolo Ferrero a Mariastella Gelmini

Gentile ministra Gelmini,
onde evitare un'inutile dispendio di tempo e denaro pubblico ci fregiamo di confermare la notizia secondo cui sulla parete dell'ex teatro San Marco di Livorno sarebbero affisse non una ma ben due bandiere comuniste. Che là sono e ben ci stanno, essendovi ininterrottamente dal 1921 con l'unica interruzione del ventennio fascista, di cui Lei converrà non essere opportuno rinverdire ulteriormente i fasti.
Come si può apprendere dilettandosi della Settimana enigmistica, per tutto il secondo dopoguerra la bandiera dello scandalo ha garrito dal balcone del teatro San Marco, di cui oggi rimangono poche vestigia che sostengono il retro di un istituto educativo e sulle quali è posta da tempo immemore l'inequivocabile targa commemorativa, con annesso stendardo, della fondazione del Partito comunista italiano, ivi avvenuta in un piovoso 21 gennaio 1921.
Ci permettiamo altresì di segnalare che, nel caso specifico, si tratta di una bandiera della Federazione della Sinistra, formata da Rifondazione comunista, Pdci, Socialismo 2000 e l'associazione Lavoro/solidarietà.
Tutto questo, ovviamente, per la precisione. Nell'indubbia certezza che, insieme a molto altro, risulti parte integrante della "educazione imparziale ed autonoma rispetto a qualsiasi orientamento politico" di ogni italiano da Lei auspicata.

Cordialmente,

Paolo Ferrero (segretario nazionale Prc/Federazione della Sinistra).

venerdì 15 ottobre 2010

La nostra proposta alla sinistra di alternativa

di Paolo Ferrero

Il colloquio tra Bersani e Vendola dell’altro ieri ha finalmente superato lo scoglio delle primarie che aveva sino ad ora reso impossibile il confronto politico. Questo incontro apre la fase della discussione tra le forze che vogliono costruire un accordo di governo. Bersani e Vendola hanno concordato sul fatto che questa proposta comprenda l’Udc e sulla necessità di formare un governo di transizione che modifichi la legge elettorale. Ma ora si tratta di costruire un fronte ampio che si spinga oltre le forze protagoniste dell’accordo di governo. Abbiamo infatti sempre ritenuto che non vi siano le condizioni per un’intesa programmatica con le forze del centro sinistra - nella proposta di Bersani e Vendola comprendenti anche il centro - mentre riteniamo necessario dar vita ad un’alleanza democratica che persegua l’obiettivo esplicito di sconfiggere Berlusconi, di difendere la Costituzione, di mettere in campo essenziali misure di giustizia sociale e di modificare la legge elettorale in senso proporzionale.


A questo punto si tratta di cambiare passo e lavorare alla concretizzazione della nostra ipotesi politica. E in primo luogo, di costruire una vera opposizione che porti alla caduta di Berlusconi. E’ infatti evidente che l’equilibrio instabile che regge questo governo può durare a lungo e produrre altri danni. Ogni giorno che passa questa maggioranza non fa altro che scaricare ulteriormente sulle spalle dei più deboli i costi di una crisi che morde sempre più pesantemente. Basti pensare al disegno di legge sul lavoro che sostanzialmente introduce il contratto individuale di lavoro per tutti i nuovi assunti. Con questa misura che presto sarà in discussione alla Camera le giovani generazioni non saranno solo inchiodate ad un destino di precarietà ma si troveranno dentro una guerra tra poveri che non ha precedenti nel Paese.
Lavorare per l’allargamento dell’opposizione, a partire dalla manifestazione del 16 ottobre, è dunque per noi condizione propedeutica alla costruzione del fronte democratico
Poi c’è la questione cruciale del progetto e dell’unità della sinistra. Dalle prossime settimane si svolgeranno le assise del congresso della Federazione della Sinistra, passo decisivo per l’aggregazione di una sinistra, autonoma dal Pd e con un proprio profilo strategico anticapitalista. Noi lanciamo a tutte le forze di sinistra una sfida: per uscire dalla crisi non basta un movimento: occorre un programma di alternativa. Noi proponiamo a tutte le forze di sinistra e in primo luogo a quelle che saranno presenti alla manifestazione del 16 ottobre di definire concordemente la piattaforma con cui avviare il confronto con il Pd. Se la crisi è il frutto del neoliberismo, occorre una politica che rovesci questa politica economica e sociale: dalla redistribuzione del reddito all’intervento pubblico in direzione della riconversione ambientale dell’economia; dal no alla guerra al finanziamento dello stato sociale, della scuola, della ricerca e dell’università.

martedì 12 ottobre 2010

Dagli studenti l’inizio dell’autunno caldo

Dichiarazione di Simone Oggionni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti – Prc

Stiamo dando una prova di forza incredibile: non c’è città in Italia che non sia invasa da una marea di studenti, ricercatori, insegnanti, lavoratori della conoscenza a qualunque titolo e di qualunque grado.

Stiamo lottando, scendendo in piazza in centinaia di migliaia in tutto il Paese, per una scuola e una Università libere, pubbliche, di massa, di qualità. Contro l’idea di scuola e di formazione di Berlusconi, del ministro Gelmini e di Confindustria. Perché la scuola che ha progettato la Gelmini è esattamente la scuola dei padroni, dell’interesse privato, del profitto privato. È la scuola che prepara i lavoratori silenziosi e subalterni del domani, quando a tutto il Paese sarà – nelle loro intenzioni – esteso il modello ricattatorio di Pomigliano.

Proprio per questo dobbiamo intensificare la lotta e unirci ai lavoratori metalmeccanici che il 16 ottobre scenderanno in piazza a Roma. Da oggi può partire un nuovo autunno caldo, una nuova stagione di conflitto sociale.

Con al centro, come un tempo, gli operai e gli studenti.

SIMONE OGGIONNI

Portavoce nazionale delle/dei Giovani Comuniste/i

8 Ottobre 2010

«Comunisti e Sel uniti alle prossime elezioni»

Intervista a Oliviero Diliberto

di Andrea Fabozzi su il manifesto – 8 ottobre 2010

«Abbiamo 22mila iscritti, prima del tragico 2008 erano 30mila, una struttura organizzata in tutto il territorio nazionale, da due anni facciamo le liste con Rifondazione ma quando ci siamo presentati da soli abbiamo preso il 3%, insomma ci siamo anche se fuori dal parlamento e dai mezzi di comunicazione». Oliviero Diliberto parla del partito dei Comunisti italiani del quale è segretario da dieci anni.

Perché ci sono ancora due partiti comunisti?
Non dovrebbero. Noi siamo pronti a rimettere insieme in un unico partito quelli che sono rimasti comunisti e a fare un’alleanza, una federazione, con tutte le forze della sinistra, innanzitutto con Sinistra e libertà. La Federazione della sinistra deve allargarsi, se resta la somma di Prc e Pdci, più altri compagni stimati, rischia di essere una finzione. Questa è la nostra posizione, il nostro congresso l’anno prossimo avrà al centro l’obiettivo di ricostruire il partito comunista. Per il resto rispettiamo il dibattito che c’è in Rifondazione e in Sinistra e libertà, tuttavia una risposta è urgente.

Senza mettere in discussione il nome e il simbolo comunista?
No, ci rivolgiamo innanzitutto a chi si sente ancora comunista. Che guarda cioè a un orizzonte dove ci sia il superamento degli assetti capitalistici. Naturalmente siccome questo non è all’ordine del giorno bisogna mettere in campo una strategia di alleanze per fare più forte la sinistra. E dare un segnale a quelli che sono disorientati in ragione delle nostre divisioni.

Che segnale?
Lancio una proposta: alle prossime elezioni la Federazione della sinistra e Sinistra e libertà si presentino insieme almeno al senato. Una lista che sia una «bicicletta» con i due simboli in modo tale che risulti chiaro che non stiamo unificando niente ma che facciamo un passo nella direzione dell’unità.

Com’è possibile, visto che Vendola correrà per diventare candidato premier e voi escludete di governare con il Pd?
La storia del mio partito dimostra che non siamo pregiudizialmente contrari ad andare al governo. Ma oggi non ci sono le condizioni per governare con il Pd e lo dico con rammarico. Il punto è che se provassimo un accordo organico faremmo del male al Pd e a noi. Esempio: per la Commissione europea l’Italia dovrà rientrare pesantemente dal suo debito. Dovesse vincere, sarebbe un problema del centrosinistra. Non siamo in condizione di farlo con equità, non con questo Pd dove prevale il rapporto con Marchionne. Anche se devo riconoscere che Bersani sta correggendo la rotta e parla di centralità del lavoro.

Questi problemi ci saranno anche fuori dal governo se intendete appoggiarlo in parlamento.
Con il Pd dobbiamo fare un patto su alcune grandi questioni democratiche – difesa della Costituzione, legalità, informazione. Poi dobbiamo fare un patto di legislatura su almeno tre cose che vogliamo portare a casa: lotta al precariato, scuola pubblica ed equità fiscale. Sono cose che anche il Pd può accettare. Un patto del genere ci eviterebbe di ripiombare nella situazione dell’Unione quando si aprivano fibrillazioni quotidiane.

Ma su quello che resta fuori dal patto come fate a impegnarvi?
La logica di questo accordo vuole che noi saremo leali complessivamente ma che porteremo a casa almeno questi risultati. È un po’ come la Lega con il federalismo rispetto al governo Berlusconi. Faremo dei compromessi, ma non vogliamo ripetere l’errore di dividerci come nel 2008 e neppure quello di litigare in continuazione.

Un bel pezzo del Pd continua a non fidarsi e non vuole comunisti nell’alleanza.
È Veltroni che conduce questa campagna con strumentalità delinquenziale. È lui che ha rotto con la sinistra consentendo a Berlusconi di avere la più grande maggioranza in parlamento. Lui che lo ha rimesso in sella scegliendolo come interlocutore per la riforme, lui che ha fatto cadere Prodi. Dopo tutto questo io mi sarei rifugiato nella foresta pluviale amazzonica che è più impenetrabile dell’Africa, Veltroni invece è ancora lì che pontifica. Immagino però che il Pd si renderà conto che un’alleanza è obbligatoria visto che verosimilmente si formeranno tre poli: Berlusconi con la Lega e Storace, Fini con Casini e Rutelli e Bersani con Di Pietro e la sinistra.

Uno schema che vi piace?
Sì perché non credo che il Pd sia in condizione di fare un accordo con Casini e Fini che perderebbero immediatamente i loro voti.

Come starebbe in piedi un governo di sinistra appoggiato dall’esterno e con due opposizioni?
Può provarci perché quel centro robustamente conservatore, immagino sostenuto da Confindustria e dalla Cei, toglierebbe voti alla destra. Anche il primo Prodi aveva due opposizioni visto che la Lega era divisa da Forza Italia e An.

Parteciperete alle primarie di coalizione?
Per noi lo escludo ed evito di indicare preferenze perché rischierei di danneggiare il prescelto.

Neanche Vendola?
Con Sel dobbiamo fare un patto di azione comune che renderebbe più forti anche loro nel caso dovessero entrare nel governo. Mi rendo conto che è un argomento delicato perché non è passato tanto tempo da una scissione, ma ho già proposto alla Federazione di sostenere Vendola alle primarie. In questo caso posso dirlo senza danneggiarlo perché è già percepito come il candidato più a sinistra. Due anni fa si è candidato alla guida di un partito che si chiama comunista.

Anche la Fds lucana alla manifestazione Fiom a Roma

La Fiom ha indetto per sabato 16 ottobre una manifestazione nazionale a Roma "per il lavoro, i diritti, la democrazia e la riconquista di un vero Contratto nazionale, aperta alla partecipazione sociale e dell'opinione pubblica". "Una manifestazione che pensiamo rappresenti non soltanto un avvenimento rilevante sul piano sociale, ma anche e soprattutto il momento più significativo dell’autunno". E' quanto si legge in un comunicato stampa diffuso da Italo Di Sabato, segretario regionale del Prc / Fds, e da Giovanni Soave, segretario regionale del Pdci / Fds.
"Occorre, infatti, una risposta forte contro l'idea di impresa di Fiat e Marchionne: basti pensare ai licenziamenti alla Fiat di Melfi oppure alla recente disdetta del contratto nazionale dei meccanici avvenuta per mano di Federmeccanica per colpire la Fiom, come tra l’altro ha candidamente dichiarato la stessa Marcegaglia. Non solo. Il disegno eversivo e sfrontato di governo e Confindustria si sostanziano nel voler cancellare il contratto nazionale di lavoro, lo Statuto dei lavoratori e il diritto di sciopero. Un attacco generale e senza precedenti alla Costituzione e ai diritti. Ecco perché crediamo che la manifestazione rappresenti un'occasione decisiva per sviluppare e rafforzare il fronte sindacale, sociale e politico. La Federazione della Sinistra di Basilicata partecipa e si mobilita per una straordinaria partecipazione alla manifestazione del 16 ottobre.
Anche dalla nostra regione, infatti, così duramente colpita dalla crisi economica, può e deve partire il tentativo di unificare le lotte in un movimento largo contro governo e Confindustria per costruire un'opposizione capace di far voltare definitivamente pagina al paese".

lunedì 11 ottobre 2010

Assemblea pubblica: “ Per la difesa del diritto al lavoro e del diritto del lavoro”


Il giorno 8 ottobre scorso, si è svolta a Salandra la prima iniziativa pubblica promossa dal nuovo Coordinamento Prc della Collina Materana. Un appuntamento interessante, organizzato con lo scopo di preparare sul territorio la grande mobilitazione nazionale indetta dalla Fiom per il 16 ottobre a Roma. A presiedere l’assemblea, nella “Sala dell’affresco” del Municipio, il consigliere Prc di Salandra Nicola Saponara, il portavoce del Coordinamento Giovanni Rivecca, il segretario regionale Italo Di Sabato e il segretario generale Filcem Cgil di Matera Fernando Mega.
Partendo dalla considerazione del fallimento di un sistema economico ultraliberista, in cui lo Stato apparentemente viene tagliato fuori ma nel contempo provvede ad elargire ingenti dosi di denaro pubblico per salvaguardare gli interessi di istituti bancari e colossi industriali, gli interventi dei relatori hanno rimarcato la necessità di una risposta di popolo, generalizzata e unificata, per contrastare il tentativo in atto di scaricare i costi della crisi sulle spalle dei lavoratori.
Il padronato, cavalcando l’onda della paura della recessione e della disoccupazione imperversante, sta infierendo pesantemente sui diritti essenziali dei lavoratori, mandando in deroga qualsiasi garanzia sindacale, dal pagamento della malattia all’aumento dei carichi di lavoro, dalla precarietà alla contrazione dei salari. Nel contempo provvede a demolire il fronte della lotta, innescando abilmente una guerra tra poveri, a tutto vantaggio del profitto senza produttività. Le azioni della Fiat a Pomigliano e Melfi reppresentano l’apice di questo modus operandi.
A fare sponda alle aspettative degli speculatori, i silenzi e le connivenze di un Governo nazionale impegnato a tempo pieno nella precarizzazione delle nostre vite attraverso l’offensiva contro l’istruzione pubblica e il diritto alla salute. A corredare il disegno, l’annientamento della spesa sociale che la Commissione europea sta attuando con l’irrigidimento dei parametri di Maastricht. Tali provvedimenti non potranno far altro che diminuire ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie, acuendo una crisi sistemica lunga e dagli sviluppi incerti. La risposta della sinistra passa dalla ripresa del conflitto nei luoghi di lavoro, attraverso le vertenze e la mutualità.
Volgendo lo sguardo all’area Valbasento, la preoccupante esplosione degli ammortizzatori sociali, unita allo smarrimento delle giovani generazioni in cerca di prima occupazione, consegnano un quadro clinico critico.
Dagli interventi è emersa la necessità di rimettere al centro dell’agenda politica il lavoro, di contrastare i tentativi di depauperamento del territorio, di individuare gli investimenti sani per dare respiro all’occupazione, mostrando maggiore attenzione al settore agricolo e alle energie rinnovabili.
Nicola SAPONARA