Intervista a Oliviero Diliberto
di Andrea Fabozzi su il manifesto – 8 ottobre 2010
«Abbiamo 22mila iscritti, prima del tragico 2008 erano 30mila, una struttura organizzata in tutto il territorio nazionale, da due anni facciamo le liste con Rifondazione ma quando ci siamo presentati da soli abbiamo preso il 3%, insomma ci siamo anche se fuori dal parlamento e dai mezzi di comunicazione». Oliviero Diliberto parla del partito dei Comunisti italiani del quale è segretario da dieci anni.
Perché ci sono ancora due partiti comunisti?
Non dovrebbero. Noi siamo pronti a rimettere insieme in un unico partito quelli che sono rimasti comunisti e a fare un’alleanza, una federazione, con tutte le forze della sinistra, innanzitutto con Sinistra e libertà. La Federazione della sinistra deve allargarsi, se resta la somma di Prc e Pdci, più altri compagni stimati, rischia di essere una finzione. Questa è la nostra posizione, il nostro congresso l’anno prossimo avrà al centro l’obiettivo di ricostruire il partito comunista. Per il resto rispettiamo il dibattito che c’è in Rifondazione e in Sinistra e libertà, tuttavia una risposta è urgente.
Senza mettere in discussione il nome e il simbolo comunista?
No, ci rivolgiamo innanzitutto a chi si sente ancora comunista. Che guarda cioè a un orizzonte dove ci sia il superamento degli assetti capitalistici. Naturalmente siccome questo non è all’ordine del giorno bisogna mettere in campo una strategia di alleanze per fare più forte la sinistra. E dare un segnale a quelli che sono disorientati in ragione delle nostre divisioni.
Che segnale?
Lancio una proposta: alle prossime elezioni la Federazione della sinistra e Sinistra e libertà si presentino insieme almeno al senato. Una lista che sia una «bicicletta» con i due simboli in modo tale che risulti chiaro che non stiamo unificando niente ma che facciamo un passo nella direzione dell’unità.
Com’è possibile, visto che Vendola correrà per diventare candidato premier e voi escludete di governare con il Pd?
La storia del mio partito dimostra che non siamo pregiudizialmente contrari ad andare al governo. Ma oggi non ci sono le condizioni per governare con il Pd e lo dico con rammarico. Il punto è che se provassimo un accordo organico faremmo del male al Pd e a noi. Esempio: per la Commissione europea l’Italia dovrà rientrare pesantemente dal suo debito. Dovesse vincere, sarebbe un problema del centrosinistra. Non siamo in condizione di farlo con equità, non con questo Pd dove prevale il rapporto con Marchionne. Anche se devo riconoscere che Bersani sta correggendo la rotta e parla di centralità del lavoro.
Questi problemi ci saranno anche fuori dal governo se intendete appoggiarlo in parlamento.
Con il Pd dobbiamo fare un patto su alcune grandi questioni democratiche – difesa della Costituzione, legalità, informazione. Poi dobbiamo fare un patto di legislatura su almeno tre cose che vogliamo portare a casa: lotta al precariato, scuola pubblica ed equità fiscale. Sono cose che anche il Pd può accettare. Un patto del genere ci eviterebbe di ripiombare nella situazione dell’Unione quando si aprivano fibrillazioni quotidiane.
Ma su quello che resta fuori dal patto come fate a impegnarvi?
La logica di questo accordo vuole che noi saremo leali complessivamente ma che porteremo a casa almeno questi risultati. È un po’ come la Lega con il federalismo rispetto al governo Berlusconi. Faremo dei compromessi, ma non vogliamo ripetere l’errore di dividerci come nel 2008 e neppure quello di litigare in continuazione.
Un bel pezzo del Pd continua a non fidarsi e non vuole comunisti nell’alleanza.
È Veltroni che conduce questa campagna con strumentalità delinquenziale. È lui che ha rotto con la sinistra consentendo a Berlusconi di avere la più grande maggioranza in parlamento. Lui che lo ha rimesso in sella scegliendolo come interlocutore per la riforme, lui che ha fatto cadere Prodi. Dopo tutto questo io mi sarei rifugiato nella foresta pluviale amazzonica che è più impenetrabile dell’Africa, Veltroni invece è ancora lì che pontifica. Immagino però che il Pd si renderà conto che un’alleanza è obbligatoria visto che verosimilmente si formeranno tre poli: Berlusconi con la Lega e Storace, Fini con Casini e Rutelli e Bersani con Di Pietro e la sinistra.
Uno schema che vi piace?
Sì perché non credo che il Pd sia in condizione di fare un accordo con Casini e Fini che perderebbero immediatamente i loro voti.
Come starebbe in piedi un governo di sinistra appoggiato dall’esterno e con due opposizioni?
Può provarci perché quel centro robustamente conservatore, immagino sostenuto da Confindustria e dalla Cei, toglierebbe voti alla destra. Anche il primo Prodi aveva due opposizioni visto che la Lega era divisa da Forza Italia e An.
Parteciperete alle primarie di coalizione?
Per noi lo escludo ed evito di indicare preferenze perché rischierei di danneggiare il prescelto.
Neanche Vendola?
Con Sel dobbiamo fare un patto di azione comune che renderebbe più forti anche loro nel caso dovessero entrare nel governo. Mi rendo conto che è un argomento delicato perché non è passato tanto tempo da una scissione, ma ho già proposto alla Federazione di sostenere Vendola alle primarie. In questo caso posso dirlo senza danneggiarlo perché è già percepito come il candidato più a sinistra. Due anni fa si è candidato alla guida di un partito che si chiama comunista.
Nessun commento:
Posta un commento