sabato 23 gennaio 2010

Per un'alternativa di società, una giustizia uguale per tutti

da Liberazione, 23 gennaio 2010, pag. 10

di Giovanni Russo Spena e Gennaro Santoro

Quella approvata al Senato non è una legge sul processo breve ma una legge sull'estinzione dei processi. Viviamo in un attacco senza precedenti alla Costituzione e al pieno rispetto delle pre-regole di una democrazia compiuta.

Con una classe politica dimentica del recente attacco alla procura di Reggio Calabria, e dedita per la diciannovesima volta ad approvare una legge ad Berlusconi.

E non è solo l'Anm a lanciare l'allarme o il Csm ad aprire un fascicolo sulle dichiarazioni sediziose del presidente del Consiglio per le sue frasi offensive rivolte alla magistratura. Non sono soli i magistrati. Ci sono i lavoratori, gli operatori del diritto, le vittime di reato e le vittime di Stato a reclamare giustizia. Quasi ad una voce.

Lo stato di agitazione indetto dalle camere penali che diserteranno l'anno giudiziario riunendosi a L'Aquila in controplenaria, il personale amministrativo dei tribunali in sciopero per il declassamento e la dequalificazione contrattuale inferta nell'ultimo accordo integrativo siglato lo scorso dicembre.

Le mamme di Livorno che sabato scorso hanno gridato contro le morti di Stato, il popolo viola che grida sotto il Parlamento contro la truffa del processo breve.

I giuristi e i giornalisti che si stringono attorno all'appello di Antignone e de Il Manifesto sulla insostenibile emergenza umana che vivono i detenuti ammassati come galline da uova in serie; una emergenza governata "like a business" e col concreto rischio di un'ulteriore opacità delle già buie istituzioni totali.

Mentre i vari pacchetti sicurezza e le conferenze stampa dei vari Brunetta e Gelmini continuano ad essere sfornati per gettare fumo negli occhi sulla precarietà dei diritti di tutti. Per mettere gli ultimi contro i penultimi.

Lavoratori extracomunitari regolari licenziati e poi assunti in nero, immersi nel limbo del ricatto, dell'eterno pendolo del soggiorno e dell'espulsione. O nei gironi infernali dei centri di identificazione ed espulsione.

Lavoratori extracomunitari utilizzati per legittimare il peggioramento delle condizioni contrattuali di tutti i lavoratori, abbattendo i costi di produzione(e sociali), creando la figura del capro espiatorio responsabile dell'impoverimento salariale e sociale dell'autoctono.

Così, la colpa è tutta dei clandestini di Rosarno, secondo il ministro Maroni, per nascondere il fallimento della promessa dello Stato di non permettere che esista ancora la schiavitù e il degrado di masse umane ammassate in bidonville stagionali.

Così, in fin dei conti Stefano Cucchi se l'è cercata, come ha avuto modo di dire salvo poi scusarsi, il ministro Giovanardi.

Così, i quattro pilasti(per i signori del calcestruzzo) del piano carceri del governo prendono i (quattro) soldi che in precedenza venivano destinati alle già misere attività trattamentali e di reinserimento dei detenuti.

Con la controriforma in atto della giustizia si vuol far morire la giustizia, accorciando i tempi senza interventi strutturali, senza cassa, senza riformare i codici, senza depenalizzare, senza modernizzare e informatizzare gli uffici giudiziari, senza investire sulla riqualificazione degli operatori del diritto.

Una controriforma che manderà, ove approvata, al macero 100mila processi, con relativo dispendio di risorse. Una amnistia mascherata votata girando le garanzie costituzionali(a partire dalla maggioranza qualificata per l'approvazione), per favorire una sola persona, e forse castigare 100(mila) vittime di reato.

Forse è proprio dalla difesa del rispetto dei diritti fondamentali, a partire dalla pre-regola del rispetto della dignità umana sempre e comunque, dalla difesa di una giustizia uguale per tutti e non forte con i deboli e debole con i forti che la sinistra e tutte le forze dell'opposizione devono ripartire per resistere e creare un'alternativa di società. O, almeno, il sogno di una cosa.

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