da Liberazione, 11 febbraio 2010, pag. 3
di Castalda Musacchio
Floris gira e rigira tra le mani l'ultima nota d' agenzia. La perplessità lascia subito spazio alla certezza. Quel che sa di "incredibile" in un Paese normale sembra essere pane quotidiano nel nostro. La Vigilanza - dice poi ad alta voce- ha deciso di abolire tutte le trasmissioni di approfondimento politico nel mese che precede le elezioni. Ma non basta perchè ha deciso di far fuori i "piccoli" partiti che nelle ultime Europee non hanno superato la soglia del 4%. Persino Casini, ospite a "Ballarò", non ci crede. "Non è possibile". "Non si è mai verificata prima d'ora una situazione del genere", commenta amaro Bersani. Eppure, è proprio così. E' bastato un tratto di penna, con il voto della maggioranza grazie al radicale Marco Beltrandi poi passato al Pd (nonostante il Pd abbia lasciato l'aula per protesta, ndr) per dare il via libera all'ultimo regolamento sulla "impar condicio" che sa, a dir poco, di "abuso di potere illegale" commenta Santoro. Sta di fatto che il regolamento è passato e, se non dovesse essere rivisto, ciò comporterebbe la chiusura di trasmissioni come "Anno Zero", "Ballarò" e persino "Porta a Porta" oltre che di altre come "In mezz'ora". In Rai si è scatenata la bufera. "Un giro di vite inammissibile" si urla. "E' l'ingordigia della politica che si mangia l'editore, l'azienda, i conduttori, i giornalisti, gli ospiti e i telespettatori che pagano il canone" ribatte Floris. Persino Vespa s'indigna definendo "molto grave" l'azzeramento dei programmi informativi a ridosso del voto.
Eppure, ciò che è ancora più grave è il contenuto del regolamento, perchè ad essere a rischio non sono solo il pluralismo l'informazione quanto, appunto, l'aver messo il bavaglio a quelle forze minori che saranno letteralmente spazzate via dagli schermi. Ed in piena campagna elettorale. La norma più contestata è quella che regola le tribune politiche che devono assicurare "parità di condizioni nell'esposizione di opinioni e posizioni politiche". Nell'ultimo mese prima delle Regionali- recita il regolamento- possono "invadere" gli spazi di approfondimento e quindi possono essere "collocate negli spazi radiotelevisivi che ospitano le trasmissioni di approfondimento informativo più seguite, anche in sostituzione delle stesse, o in spazi di analogo ascolto". Più in generale, nella prima fase della campagna elettorale possono accedere alle tribune le forze politiche che abbiano un gruppo parlamentare (o presenti nel gruppo Misto) , o due eletti al Parlamento europeo o presenti in Consigli regionali che rappresentino almeno un quarto degli elettori: il tempo viene diviso per metà in proporzione al "peso" di tali soggetti e per l'altra metà in modo paritario. Restano fuori, dunque, come detto, i "piccoli" ( come il Prc, il Pdci, i Verdi ma anche Sinistra e Libertà, ndr) che, alle ultime Europee, non hanno raggiunto la soglia del 4%. Nella seconda fase della tribuna accedono i rappresentanti delle liste e i candidati presidenti di Regione presenti in collegi che interessino almeno un quarto degli elettori: il tempo viene diviso in parti uguali al 50% tra gli uni e gli altri. Che aggiungere?
"E' una decisione sciagurata" replica secco Roberto Natale, presidente Fnsi. A stretto giro di boa arriva la dichiarazione di Carlo Verna, rappresentante dei giornalisti Rai: " Apriremo le procedure per lo sciopero. Si stanno minando le ragioni stesse del servizio pubblico". Zavoli, il presidente della Vigilanza, sollecitato da più parti, ha subito convocato l'ufficio di presidenza. E proprio durante la riunione si è preso atto della sua stessa volontà di verificare la possibilità di addivenire ad una qualche ipotesi di soluzione anche se, al momento, appare del tutto improbabile. Zavoli stesso si è detto amareggiato per il ricorso a norme che discriminano i piccoli partiti nelle prossime due settimane. "Ogni esclusione dal confronto politico è impoverimento della democrazia. Ho chiesto ai vertici Rai di esaminare possibili soluzioni compensative, pur nel rispetto del regolamento approvato, per consentire ai piccoli partiti di svolgere la loro comunicazione televisiva in vista delle prossime elezioni, riservandomi di coinvolgere in questa ricerca, i colleghi della Vigilanza". Ma dalla Vigilanza non arrivano voci rassicuranti. Il Pd, con il capogruppo Fabrizio Morri, annuncia battaglia e chiede che il regolamento torni all'ordine del giorno. Ma dalla commissione è proprio Beltrandi ad escludere una possibile revisione. Lo stesso Garimberti, presidente della Rai, ne discuterà oggi in Cda riunito per l'occasione. "Quella che è stata votata?- dice Ferrero- E' una norma "salva-casta" fatta a difesa di chi è già in Parlamento, gode del finanziamento pubblico e può permettersi dispendiose campagne elettorali. Questo Governo mentre colpisce ingiustamente i talk show televisivi, contestualmente provvede a tagliare l'editoria di partito, colpendo in misura maggiore i giornali di partito dei partiti più piccoli". In buona sostanza- conclude- siamo al concreto tentativo di uccidere la democrazia e la libertà nel nostro Paese". Berlusconi? Non vede proprio lo scandalo. "Solo in Italia - riflette- abbiamo delle trasmissioni in cui non c'è confronto ma risse da pollaio". A parte quelle delle "sue" reti ovviamente.
di Castalda Musacchio
Floris gira e rigira tra le mani l'ultima nota d' agenzia. La perplessità lascia subito spazio alla certezza. Quel che sa di "incredibile" in un Paese normale sembra essere pane quotidiano nel nostro. La Vigilanza - dice poi ad alta voce- ha deciso di abolire tutte le trasmissioni di approfondimento politico nel mese che precede le elezioni. Ma non basta perchè ha deciso di far fuori i "piccoli" partiti che nelle ultime Europee non hanno superato la soglia del 4%. Persino Casini, ospite a "Ballarò", non ci crede. "Non è possibile". "Non si è mai verificata prima d'ora una situazione del genere", commenta amaro Bersani. Eppure, è proprio così. E' bastato un tratto di penna, con il voto della maggioranza grazie al radicale Marco Beltrandi poi passato al Pd (nonostante il Pd abbia lasciato l'aula per protesta, ndr) per dare il via libera all'ultimo regolamento sulla "impar condicio" che sa, a dir poco, di "abuso di potere illegale" commenta Santoro. Sta di fatto che il regolamento è passato e, se non dovesse essere rivisto, ciò comporterebbe la chiusura di trasmissioni come "Anno Zero", "Ballarò" e persino "Porta a Porta" oltre che di altre come "In mezz'ora". In Rai si è scatenata la bufera. "Un giro di vite inammissibile" si urla. "E' l'ingordigia della politica che si mangia l'editore, l'azienda, i conduttori, i giornalisti, gli ospiti e i telespettatori che pagano il canone" ribatte Floris. Persino Vespa s'indigna definendo "molto grave" l'azzeramento dei programmi informativi a ridosso del voto.
Eppure, ciò che è ancora più grave è il contenuto del regolamento, perchè ad essere a rischio non sono solo il pluralismo l'informazione quanto, appunto, l'aver messo il bavaglio a quelle forze minori che saranno letteralmente spazzate via dagli schermi. Ed in piena campagna elettorale. La norma più contestata è quella che regola le tribune politiche che devono assicurare "parità di condizioni nell'esposizione di opinioni e posizioni politiche". Nell'ultimo mese prima delle Regionali- recita il regolamento- possono "invadere" gli spazi di approfondimento e quindi possono essere "collocate negli spazi radiotelevisivi che ospitano le trasmissioni di approfondimento informativo più seguite, anche in sostituzione delle stesse, o in spazi di analogo ascolto". Più in generale, nella prima fase della campagna elettorale possono accedere alle tribune le forze politiche che abbiano un gruppo parlamentare (o presenti nel gruppo Misto) , o due eletti al Parlamento europeo o presenti in Consigli regionali che rappresentino almeno un quarto degli elettori: il tempo viene diviso per metà in proporzione al "peso" di tali soggetti e per l'altra metà in modo paritario. Restano fuori, dunque, come detto, i "piccoli" ( come il Prc, il Pdci, i Verdi ma anche Sinistra e Libertà, ndr) che, alle ultime Europee, non hanno raggiunto la soglia del 4%. Nella seconda fase della tribuna accedono i rappresentanti delle liste e i candidati presidenti di Regione presenti in collegi che interessino almeno un quarto degli elettori: il tempo viene diviso in parti uguali al 50% tra gli uni e gli altri. Che aggiungere?
"E' una decisione sciagurata" replica secco Roberto Natale, presidente Fnsi. A stretto giro di boa arriva la dichiarazione di Carlo Verna, rappresentante dei giornalisti Rai: " Apriremo le procedure per lo sciopero. Si stanno minando le ragioni stesse del servizio pubblico". Zavoli, il presidente della Vigilanza, sollecitato da più parti, ha subito convocato l'ufficio di presidenza. E proprio durante la riunione si è preso atto della sua stessa volontà di verificare la possibilità di addivenire ad una qualche ipotesi di soluzione anche se, al momento, appare del tutto improbabile. Zavoli stesso si è detto amareggiato per il ricorso a norme che discriminano i piccoli partiti nelle prossime due settimane. "Ogni esclusione dal confronto politico è impoverimento della democrazia. Ho chiesto ai vertici Rai di esaminare possibili soluzioni compensative, pur nel rispetto del regolamento approvato, per consentire ai piccoli partiti di svolgere la loro comunicazione televisiva in vista delle prossime elezioni, riservandomi di coinvolgere in questa ricerca, i colleghi della Vigilanza". Ma dalla Vigilanza non arrivano voci rassicuranti. Il Pd, con il capogruppo Fabrizio Morri, annuncia battaglia e chiede che il regolamento torni all'ordine del giorno. Ma dalla commissione è proprio Beltrandi ad escludere una possibile revisione. Lo stesso Garimberti, presidente della Rai, ne discuterà oggi in Cda riunito per l'occasione. "Quella che è stata votata?- dice Ferrero- E' una norma "salva-casta" fatta a difesa di chi è già in Parlamento, gode del finanziamento pubblico e può permettersi dispendiose campagne elettorali. Questo Governo mentre colpisce ingiustamente i talk show televisivi, contestualmente provvede a tagliare l'editoria di partito, colpendo in misura maggiore i giornali di partito dei partiti più piccoli". In buona sostanza- conclude- siamo al concreto tentativo di uccidere la democrazia e la libertà nel nostro Paese". Berlusconi? Non vede proprio lo scandalo. "Solo in Italia - riflette- abbiamo delle trasmissioni in cui non c'è confronto ma risse da pollaio". A parte quelle delle "sue" reti ovviamente.
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