Tutte le ombre sui fusti radioattivi
Cinque anni fa un pentito ne indicava la presenza a Coste della Cretagna e a Craco
PISTICCI. Bufala o depistaggio? Sono trascorsi quasi 5 anni da quando il pentito della “ndran - gheta”, nelle sue dichiarazioni all’Espresso, indicava la presenza di un cimitero di scorie nucleari, prima nella zona di Coste della Cretagna (un nome che fino ad allora, solo in pochi conoscevano) nell’agro di Ferrandina, e successivamente nella vallata sotto Craco, una zona tra Piana del Pozzo e Isca di Piano d’Oro).
Sulla vicenda, però, che pure aveva creato panico nell’opinio - ne pubblica del basso materano, è calato un silenzio tombale e nessuno è riuscito a sapere qualcosa sull’esito delle operazioni di ricerca di quel centinaio di fusti che sarebbero stati interrati nella notte tra il 10 e l’11 gennaio del 1987. «Sono sceso a Craco - dichiarava il boss durante un sopralluogo e riportato nel servizio giornalistico del settimanale milanese - non per fare polemiche ma per aiutare la magistratura. Ora lavorino per individuare i fusti. Trovarli mi darebbe enorme soddisfazione, anche se in questi anni potrebbero essere successe molte cose (il riferimento era evidentemente al possibile mutamento morfologico della zona nel corso degli anni, ndr)».
Dopo queste dichiarazioni, il territorio indicato, per una superficie di oltre 60 ettari, sarebbe stato setacciato con idonei strumenti di verifica radiometrica, dal personale specializzato della Forestale in collaborazione con tecnici dell’Arpab. Ufficialmente, però, nessuno ha reso noto l’esito di quelle ricerche effettuate in seguito a quanto indicato dal pentito che, purtroppo, nel suo racconto un po’ inverosimile, affermò anche di non ricordare se i fusti fossero di materiale metallico o di materiale di plastica. Se fosse vera la seconda ipotesi, le ricerche sarebbero state estremamente difficoltose in quanto gli strumenti a disposizione degli operatori avrebbero avuto difficoltà a indicare ad una certa profondità la presenza di fusti non metallici per cui sarebbe occorso più tempo per la verifica (l’allora presidente della Provincia, Car - mine Nigro, informò che per le ricerche sarebbe stato interessato anche Telespazio). Da parte del Governo, fu promossa una missione della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti (senza peraltro che si sia mai avuta notizia che abbia visitato i luoghi indicati dal pentito) e per due giorni, nei locali della Prefettura di Potenza ascoltò oltre 50 persone in rappresentanza di 38 enti, oltre ai tecnici del Centro Trisaia di Rotondella, luogo da cui, secondo il racconto del pentito, appunto nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 87, a bordo di 40 camion, sarebbero partiti i 600 fusti, 500 dei quali diretti al porto di Livorno e i restanti 100 destinati ad essere seppelliti non si sa bene se nel territorio di Ferrandina o Craco. «Per portare a termine le operazione di verifica - aveva dichiarato il presidente della Commissione, il forzista Paolo Russo - saranno necessari tempi lunghi. Con la speranza che non cadano in prescrizione. Ma noi non molleremo la presa».
Parole esatte le sue, solo che ora, a distanza di oltre quattro anni dall’inizio delle operazioni di ricerca, è mai possibile che nessuno faccia conoscere la verità sull’attendibilità o meno di quello che il boss calabrese riferì al giornalista dell’Espresso? Insomma, i fusti che sarebbero stati interrati, in parte o tutti, sono stati ritrovati? Oppure ci troviamo di fronte ad una grossa bufala? Domande tutte, che attendono sempre una risposta, anche se resta il fatto inquietante: se le dichiarazioni rese dal boss fossero confermate sia pure solo in parte, significa che i sia pur efficienti sistemi di controllo messi in campo durante tutti questi anni, sono stati elusi o resi inefficaci da chi può essere intenzionato a trarre illecito profitto sul traffico di scorie. (tratto dalla gazz.Mezzogiorno di MICHELE SELVAGGI)
Cinque anni fa un pentito ne indicava la presenza a Coste della Cretagna e a Craco
PISTICCI. Bufala o depistaggio? Sono trascorsi quasi 5 anni da quando il pentito della “ndran - gheta”, nelle sue dichiarazioni all’Espresso, indicava la presenza di un cimitero di scorie nucleari, prima nella zona di Coste della Cretagna (un nome che fino ad allora, solo in pochi conoscevano) nell’agro di Ferrandina, e successivamente nella vallata sotto Craco, una zona tra Piana del Pozzo e Isca di Piano d’Oro).
Sulla vicenda, però, che pure aveva creato panico nell’opinio - ne pubblica del basso materano, è calato un silenzio tombale e nessuno è riuscito a sapere qualcosa sull’esito delle operazioni di ricerca di quel centinaio di fusti che sarebbero stati interrati nella notte tra il 10 e l’11 gennaio del 1987. «Sono sceso a Craco - dichiarava il boss durante un sopralluogo e riportato nel servizio giornalistico del settimanale milanese - non per fare polemiche ma per aiutare la magistratura. Ora lavorino per individuare i fusti. Trovarli mi darebbe enorme soddisfazione, anche se in questi anni potrebbero essere successe molte cose (il riferimento era evidentemente al possibile mutamento morfologico della zona nel corso degli anni, ndr)».
Dopo queste dichiarazioni, il territorio indicato, per una superficie di oltre 60 ettari, sarebbe stato setacciato con idonei strumenti di verifica radiometrica, dal personale specializzato della Forestale in collaborazione con tecnici dell’Arpab. Ufficialmente, però, nessuno ha reso noto l’esito di quelle ricerche effettuate in seguito a quanto indicato dal pentito che, purtroppo, nel suo racconto un po’ inverosimile, affermò anche di non ricordare se i fusti fossero di materiale metallico o di materiale di plastica. Se fosse vera la seconda ipotesi, le ricerche sarebbero state estremamente difficoltose in quanto gli strumenti a disposizione degli operatori avrebbero avuto difficoltà a indicare ad una certa profondità la presenza di fusti non metallici per cui sarebbe occorso più tempo per la verifica (l’allora presidente della Provincia, Car - mine Nigro, informò che per le ricerche sarebbe stato interessato anche Telespazio). Da parte del Governo, fu promossa una missione della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti (senza peraltro che si sia mai avuta notizia che abbia visitato i luoghi indicati dal pentito) e per due giorni, nei locali della Prefettura di Potenza ascoltò oltre 50 persone in rappresentanza di 38 enti, oltre ai tecnici del Centro Trisaia di Rotondella, luogo da cui, secondo il racconto del pentito, appunto nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 87, a bordo di 40 camion, sarebbero partiti i 600 fusti, 500 dei quali diretti al porto di Livorno e i restanti 100 destinati ad essere seppelliti non si sa bene se nel territorio di Ferrandina o Craco. «Per portare a termine le operazione di verifica - aveva dichiarato il presidente della Commissione, il forzista Paolo Russo - saranno necessari tempi lunghi. Con la speranza che non cadano in prescrizione. Ma noi non molleremo la presa».
Parole esatte le sue, solo che ora, a distanza di oltre quattro anni dall’inizio delle operazioni di ricerca, è mai possibile che nessuno faccia conoscere la verità sull’attendibilità o meno di quello che il boss calabrese riferì al giornalista dell’Espresso? Insomma, i fusti che sarebbero stati interrati, in parte o tutti, sono stati ritrovati? Oppure ci troviamo di fronte ad una grossa bufala? Domande tutte, che attendono sempre una risposta, anche se resta il fatto inquietante: se le dichiarazioni rese dal boss fossero confermate sia pure solo in parte, significa che i sia pur efficienti sistemi di controllo messi in campo durante tutti questi anni, sono stati elusi o resi inefficaci da chi può essere intenzionato a trarre illecito profitto sul traffico di scorie. (tratto dalla gazz.Mezzogiorno di MICHELE SELVAGGI)
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