sabato 5 settembre 2009

Berlusconi? E' sempre lo stesso, quello della Loggia P2

di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc.

Prima, la querela al gruppo Repubblica-L’Espresso, “colpevole” di avergli posto dieci domande dieci sulla moralità dei suoi comportamenti privati e pubblici, che devono poter essere sottoposti al giudizio del pubblico. Poi, quella all’Unità, e ai suoi giornalisti, “colpevoli” sempre dello stesso, unico, “delitto”: lesa maestà. E cioè di voler indagare e chiedere conto, al premier, non tanto dei suoi vizi privati, quanto della sua assoluta mancanza di pubbliche virtù. Nel mezzo, la campagna denigratoria, volgare e offensiva condotta dal suo “Giornale” (di famiglia, in quanto controllato direttamente dal fratello Paolo) e dove ha richiamato in servizio Vittorio Feltri, direttore che ha dato il peggio di sé, in questi anni, dirigendo Libero, contro il direttore di Avvenire Dino Boffo. Campagna che è arrivata a costringere lo stesso Boffo, accusato di ogni nefandezza, alle dimissioni proprio oggi. Dopo una campagna che aveva il chiaro obiettivo di “rimettere in riga” quella Chiesa cattolica che ha osato, in questi mesi, prendere posizioni non sempre (o, almeno, non tutte) favorevoli al governo, dal dl sicurezza ai diritti di profughi e migranti. Ecco perché, pur nella assoluta differenza di posizioni politiche che abbiamo, come Rifondazione comunista, nei confronti delle opinioni di Avvenire, al giornale dei vescovi e al suo direttore va, oggi, la nostra piena solidarietà.

Non è una novità - e, direbbero i giornalisti, forse neppure “una notizia” – l’atteggiamento del premier nei confronti del mondo dell’informazione. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, infatti, ha – anzi, ha sempre avuto - una concezione tutta e solo “proprietaria”, nel senso classico e peggiore del termine, quello ottocentesco, dei giornali e delle televisioni. Per il premier, cioè, i media o sono “i suoi” o non devono mai “disturbare il manovratore”. Senza voler risalire alla notte dei tempi, e cioè all’origine del suo impero mediatico (Fininvest e, poi, Mediaset) e dunque delle sue fortune, basti ricordare un dato di fatto, ormai consegnato alla storia. Berlusconi era un membro affiliato della Loggia massonica segreta P2 di Licio Gelli, che puntava a sovvertire l’ordinamento costituzionale anche (o soprattutto) attraverso il controllo para-golpista di giornali e della Rai-tv.
E il Berlusconi della Loggia P2 è lo stesso Berlusconi che, quando l’allora già “Cavaliere nero” stava per accingersi a scendere in politica, la prima cosa che fece fu di ‘mettere in riga’ i giornali (e le tv) in suo possesso. Possesso, peraltro, già allora in “flagranza di reato”, visto che violava le norme della legislazione antitrust. E’ lo stesso Berlusconi che licenziò, dalla sera alla mattina, un giornalista e uno scrittore apertamente di destra ma dalla specchiata indipendenza e libertà come Indro Montanelli.
Ed è sempre lui, Berlusconi, che, tornato al potere per la seconda volta, nel quinquennio 2001-2006, una delle prime cose che fa è il famigerato ‘editto bulgaro’ (in quanto lanciato da Sofia, capitale della Bulgaria) contro Enzo Biagi e il suo “Fatto”, Michele Santoro e il suo “Anno Zero” e, persino, contro il comico e show-man Daniele Luttazzi. Oggi, tornato nuovamente al potere, Berlusconi non ci ha messo molto per ripercorre la strada a lui più congeniale. Quella dell’intimidazione e del puro ricatto. Occupata, manu militari, la Rai attraverso il controllo del suo pacchetto azionario, Commissione di Vigilanza e cda Rai, nonostante i due presidenti siano due personalità autonome come Sergio Zavoli e Paolo Garimberti, la prima mossa del governo è stata quella di porre il servizio pubblico sotto occhiuta e odiosa tutela. La campagna elettorale alle Europee - che non ha solo “cancellato” la presenza della nostra lista comunista e anti-capitalista da tutti i tg e dai principali talk-show ma che mirava, anche se vi è riuscita solo in parte, a sopprimere ogni voce politica indipendente e autonoma - ne è stato l’esempio più eclatante. Poi, con le nomine fatta dal nuovo cda Rai, tutto di fedele e stretta osservanza berlusconiana, con qualche spruzzatina di An, mentre l’opposizione era confinata nel ‘recinto’ Tg3, siamo arrivati alla “democratura”, come direbbe il professor Sartori, e cioè al regime. Un regime che non sopporta stecche né voci “fuori dal coro”, come dimostra in modo tristemente lampante il Tg1.
Un telegiornale che, pur forte di riconosciute e storiche professionalità, è stato ridotto a farsi megafono del premier, sfiorando spesso il ridicolo, nel dare le notizie. Notizie che il Tg1 del “trombettiere” di Berlusconi, il giornalista Augusto Minzolini, ex “retroscenista” di fiducia del premier, tratta in un modo che fa rimpiangere l’Eiar di epoca fascista e che, neanche stesse confezionando, per gli ignari telespettatori, un moderno cinegiornale Luce, glorificano le imprese del novello Duce “a prescindere”.
Questo abbiamo visto accadere, sotto i nostri occhi, negli ultimi mesi e settimane, quando i palesi e giganteschi conflitti tra il governo e la Chiesa sugli sbarchi dei clandestini, i casi “Papi” e D’Addario, per non dire di tutte le conflittualità sociali scoppiate nel Paese contro il mordere della crisi ma anche contro la gestione al ribasso e ‘minimal’ che ne fa il governo, sono stati derubricati a piccoli ‘incidenti’, storie di nessuna importanza. Resta, volendo, il Tg3, ma anche lì si vive sotto costante e continua minaccia, da parte di un premier che ha ‘eletto’ i suoi redattori a principale bersaglio.
Cosa dobbiamo aspettarci, ancora? Le minacce dirette, a livello fisico, dei giornalisti che ancora osano porre domande scomode, al premier?! Speriamo di no né certo non ce lo auguriamo ma l’emergenza democratica, oggi in Italia, ha un solo nome, ‘emergenza informazione’. Ecco perché abbiamo deciso da subito, come Rifondazione comunista, di aderire all’appello promosso dall’associazione di giornalisti “Articolo 21”, associazione – e sito omonimo (www.articolo21.info) già meritoria per mille motivi, a partire dalla campagna giustamente rigorosa e costante che svolge su un dato altamente drammatico, le morti sul lavoro. Ecco perché, nel pieno rispetto della libertà di tutti gli organi d’informazione, di tutti i giornalisti italiani e del loro autonomo e libero sindacato, la Fnsi, saremo al loro fianco, sabato prossimo 19 settembre, in questa battaglia fondamentale, decisiva fatta per avere un’informazione veramente libera.
Al premier Berlusconi, quel giorno, diremo, con tutto il fiato che abbiamo in gola, una frase molto semplice. Quella che è diventata un’icona, per ogni giornalista e che viene pronunciata da Humprey Bogart in un film degli anni Trenta, L’ultima minaccia. Film dove il personaggio-giornalista Bogart fa sentire il rumore delle rotative del giornale in stampa al padrone che cerca di mettere le “mani sulla città” e controllare tutti i giornali, e gli urla: .

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