lunedì 17 agosto 2009

Il partito del sud? Esiste da 50 anni e continua a fare danni!

Anni fà ci hanno sbattuto in galera per aver tentato di organizzare il “Sud Ribelle”, una rete di attivisti impegnati nella ricostruzione di uno spazio di movimento per combattere il degrado politico nel meridione, un esercizio concreto di democrazia diretta per la riappropriazione dei diritti sociali negati, come il reddito, la casa, la salute: diritti per tutti e non più favori per pochi da implorare al potente di turno.
Sovversivi! In galera! Come vi azzardate, avranno pensato lor signori, ad avanzare tali preteste in queste terre?
Il ceto politico parassitario meridionale, quella moltitudine di affaristi e professionisti della politica che, nell’arte del trasformismo e della corruzione, ha saputo sopravvivere e consolidarsi anche dinanzi ai profondi cambiamenti del quadro politico-istituzionale, è ancor’oggi il cancro del mezzogiorno.
Vive e si riproduce in nome di un sottosviluppo che loro stessi promuovono, perchè è proprio agitando questo fantasma che continuano a drenare e rastrellare quel denaro pubblico fondamentale per mantenere in piedi questo sistema di governance parassitaria fondato sul controllo clientelare del voto e la discrezionalità nella gestione dei fondi.
Il partito del sud già esiste da oltre 50 anni, nelle sue forme camaleontiche, trasformistiche, para-massoniche, con la sua predisposizione a saltar in volo sul cavallo vincente, con le sue dosi massicce di ipocrisia, corruzione e menzogna che riverbera nel corpo della società.
La guerra tra i signori Alfano e Miccichè per la conquista del feudo siciliano è solo uno dei tanti tasselli di questa trama di potere che soffoca il sud, ma dietro questa guerra si agita però la questione ben più cruciale della chiusura del ciclo ultraventennale dei flussi di finanziamenti europei prevista per il 2013.
Prima di allora, ne va della sopravvivenza stessa dell’intero sistema, bisognerà implementare altre strategie per il rastrellamento di denaro pubblico.
Del resto, penseranno in cuor loro ministri, deputati, assessori e il loro infinito codazzo e sottobosco para-istituzionale, se per gli operai della Fiat di Pomigliano si spendono 2,5 miliardi di euro per garantire i 5000 posti di lavoro nel contratto di programma del 2003 (che direttamente agli operai facevano 600.000 euro a testa, ma i soldi allora lì intascò Agnelli e oggi gli operai son tutti in cassintegrazione) bisognerà pur trovare qualche decina di miliardi di euro l’anno per preservare queste altrettanto migliaia di ben più onerosi posti di lavoro, non foss’altro per il loro contributo in termini di passivizzazione e controllo sociale.
Il governo Berlusconi, il suo ministro para-leghista Tremonti, dopo le tante chiacchiere sul federalismo, convengono su un ritorno al passato: una nuova cassa per il mezzogiorno, promossa proprio da coloro i quali per decenni l’hanno denigrata e criminalizzata.
Un bel carozzone per rafforzare la Politica, una politica che tenta di tornare egemone dopo il ventennio di ubriacatura neoliberista a partire in Italia proprio da un suo avamposto privilegiato, il sud, dove nemmeno negli anni d’oro del neoliberismo ha mai fatto un passo indietro rispetto all’allora tanto decantato primato dell’impresa.
Ieri l’annuncio di 4 miliardi di euro per la Sicilia: scompariranno anch’essi nel buco nero del parassitismo politico-clientelare come le altre centinaia di miliardi di euro che da Roma e Bruxelles sono arrivati in questi anni, ma c’è chi festeggia a gran voce perchè gestirà in prima persona quest’enorme flusso di denaro pubblico per cementificare non solo un territorio già sventrato ma soprattutto il proprio sistema di potere personale.
Potrebbero essere spesi, piuttosto che in opere fantasma e assunzioni clientelari, in una forma di sostegno diretto al reddito, svincolato dalla discrezionalità del potere: sarebbero 1000 euro per tutti, certo anche per i ricchi e i facoltosi, ma non è meglio consegnare 5000 euro ad ogni cassintegrato siciliano con 3 figli a carico, o 1000 euro ad ogni disoccupato, piuttosto che 4 miliardi di euro ai vari Lombardo e Miccichè?
In conclusione quale è più temibile, questo potere criminale dei politici meridionali o il potere criminale dei mafiosi?
Ma siamo certi che sia possibile segnare questa distinzione?
La storia ci insegna che i veri criminali si annidano sempre nei piani alti e non nei bassifondi della società.
Per questo il partito del sud non è una novità ma una costante nella storia del nostro paese: pur senza una vera strutturazione partitica o sub-partitica, questo reticolo, questa lobby, questa accozzaglia di mafiosi e parassiti della politica da decenni soffoca il nostro mezzogiorno.
Contro di loro, che si tingano di nero, di rosso, di rosa o di blu, bisogna continuare a combattere.

Francesco Caruso

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