Nota stampa dell'ufficio stampa del Prc-Se.
«Noi, docenti universitari di ruolo attivi in diversi atenei e facoltà, seguiamo con crescente apprensione le vicende dell'Università italiana e le scelte assunte in proposito dal governo in carica»: inizia così il testo di un appello promosso da un gruppo di intellettuali che ha già raccolto in tre giorni oltre cento firme.
Tra queste, quelle di costituzionalisti come Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Gaetano Azzariti e Massimo Villone, di economisti come Giorgio Lunghini, Riccardo Bellofiore e Riccardo Realfonzo, di storici come Adriano Prosperi, Giovanna Procacci, Angelo d’Orsi, Alessandro Portelli e Gianpasquale Santomassimo, di genetisti come Guido Barbujani, di sociologi come Alessandro Dal Lago e Salvatore Palidda, di filosofi come Alberto Burgio ed Elena Pulcini, di politologi come Alfio Mastropaolo e Michele Prospero, di fisici come Franco Piperno e di antropologi come Annamaria Rivera.
L’appello critica aspramente il ddl di riforma dell'Università approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 ottobre, un progetto che «accentra il potere in capo ai rettori e a Consigli di amministrazione non elettivi, fortemente esposti agli interessi privati» e che «attacca decine di migliaia di studiosi e ricercatori precari». Il ddl – si legge nell’appello - «è privo di qualsiasi ambizione culturale e di ogni volontà di risanare effettivamente i problemi dell’Università pubblica ed è ispirato esclusivame te a una logica autoritaria e privatistica, tesa a una marcata verticalizzazione del processo di formazione delle decisioni a discapito dell’autonomia degli atenei. […] Chiediamo al governo di fermarsi. L’Università pubblica non può essere governata in modo autoritario né gestita con criteri ragionieristici. Il lavoro di quanti ne garantiscono l’attività deve essere riconosciuto e tutelato.
La conoscenza è una risorsa del Paese e un diritto fondamentale che la Costituzione riconosce a ciascun cittadino della Repubblica».
«Noi, docenti universitari di ruolo attivi in diversi atenei e facoltà, seguiamo con crescente apprensione le vicende dell'Università italiana e le scelte assunte in proposito dal governo in carica»: inizia così il testo di un appello promosso da un gruppo di intellettuali che ha già raccolto in tre giorni oltre cento firme.
Tra queste, quelle di costituzionalisti come Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Gaetano Azzariti e Massimo Villone, di economisti come Giorgio Lunghini, Riccardo Bellofiore e Riccardo Realfonzo, di storici come Adriano Prosperi, Giovanna Procacci, Angelo d’Orsi, Alessandro Portelli e Gianpasquale Santomassimo, di genetisti come Guido Barbujani, di sociologi come Alessandro Dal Lago e Salvatore Palidda, di filosofi come Alberto Burgio ed Elena Pulcini, di politologi come Alfio Mastropaolo e Michele Prospero, di fisici come Franco Piperno e di antropologi come Annamaria Rivera.
L’appello critica aspramente il ddl di riforma dell'Università approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 ottobre, un progetto che «accentra il potere in capo ai rettori e a Consigli di amministrazione non elettivi, fortemente esposti agli interessi privati» e che «attacca decine di migliaia di studiosi e ricercatori precari». Il ddl – si legge nell’appello - «è privo di qualsiasi ambizione culturale e di ogni volontà di risanare effettivamente i problemi dell’Università pubblica ed è ispirato esclusivame te a una logica autoritaria e privatistica, tesa a una marcata verticalizzazione del processo di formazione delle decisioni a discapito dell’autonomia degli atenei. […] Chiediamo al governo di fermarsi. L’Università pubblica non può essere governata in modo autoritario né gestita con criteri ragionieristici. Il lavoro di quanti ne garantiscono l’attività deve essere riconosciuto e tutelato.
La conoscenza è una risorsa del Paese e un diritto fondamentale che la Costituzione riconosce a ciascun cittadino della Repubblica».
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