Claudio Grassi
Siamo ormai alla conclusione di questa importantissima campagna elettorale. Dopo la disfatta dell’Arcobaleno dell’aprile 2008 speriamo che con il 6 e 7 giugno si realizzi una inversione di tendenza, anche se tutto il percorso che abbiamo fatto in questo ultimo anno è stato in salita.
Avevamo bisogno di ricostruire una connessione con la nostra gente, dopo la deludente esperienza del governo Prodi.
Invece si è voluto fare un congresso di conta, tutto interno. Per l’ennesima volta una parte significativa del gruppo dirigente del partito, la cui posizione è stata democraticamente sconfitta in un congresso, anziché accettarne l’esito ha praticato una insensata scissione creando ulteriore delusione tra i compagni più semplici, quelli che da sempre “tirano la carretta” e che anche in questa campagna elettorale ci hanno detto: «Ma come è possibile? Siete in pochi, non contate quasi niente e ogni due anni vi dividete».
Difficile dargli torto. A maggior ragione se si considera che chi ha abbandonato Rifondazione, in nome di un grande progetto unitario, si è ritrovato a dar vita ad una lista - Sinistra e Libertà - che è dichiaratamente un cartello elettorale e che all’indomani del voto si scioglierà. Ancora oggi non riesco a capire come sia possibile che compagni e compagne che sono stati per tanti anni prima nel Pci e poi in Rifondazione Comunista possano trovarsi meglio in una lista con i socialisti di Bobo Craxi che non con una lista comunista come la nostra.
Così come non capisco come si possa auspicare che vada male per tutti, come ha fatto recentemente Fausto Bertinotti, poiché solo così, a suo dire, solo ricominciando da capo, si potrebbe ricostruire una nuova forza di sinistra. Non è mai stato così. La stessa esperienza della Linke tedesca, così spesso evocata e la cui capacità di tenuta andrà verificata nel tempo, si è costruita solo grazie ai risultati positivi della Pds e non alla sua sconfitta.
Nonostante questo quadro difficile siamo riusciti a reagire e a costruire una lista che, al contrario di Sinistra e Libertà, non è un cartello elettorale, ma un progetto comune che vuole andare oltre il 6 e 7 giugno. Infatti noi ci presentiamo agli elettori con un programma condiviso assai avanzato e impegnativo, dichiarando un’appartenenza comune nel Parlamento europeo.
A conferma di questo c’è l’impegno da parte del Prc, Pdci, Socialismo 2000, di costituire fin dal giorno dopo le elezioni un coordinamento politico che garantisca la continuità di questo progetto.
Nella difficoltà di questa campagna elettorale questo è stato l’argomento che più ha fatto presa tra i compagni e le compagne. Da un lato una svolta rispetto alla subalternità praticata nei confronti del centrosinistra negli ultimi anni, dall’altro un processo di ricomposizione delle forze più vicine a sinistra, esigenza
questa molto sentita nella nostra base. Da questo punto di vista, il riavvicinamento tra Prc e Pdci, con tutti gli enormi problemi che porta con sé, sia territoriali che di cultura politica, che dovremo affrontare, viene vissuto positivamente e ciò ha dato una spinta alla campagna elettorale. Ma di tutto questo parleremo dopo il 7 giugno.
Con queste mie considerazioni mi preme lanciare un ulteriore appello. Tutti i sondaggi ci dicono che siamo a cavallo del quattro per cento. La nostra lista è l’unica che, a sinistra del Pd, può concretamente superare lo sbarramento. L’appello di Franceschini, sulla falsa riga di quello che fece Veltroni alle politiche, per il voto utile al Pd contro Berlusconi è totalmente insensato. Se non arrivassimo al quattro per cento i nostri tre o quattro seggi non andrebbero affatto al Pd o alla sinistra, ma sarebbero ripartiti tra le forze più grandi, quindi andrebbero prevalentemente alla destra. Viceversa se superiamo il quattro per cento tutti i nostri voti farebbero scattare seggi di sinistra. Il vero voto utile quindi è per la nostra lista comunista e anticapitalista.
Ma c’è un altro argomento su cui insistere in questo scorcio di campagna elettorale. In questi 20 anni la sinistra oltre ad essersi vergognata di quello che è stata, buttando via il bambino con l’acqua sporca, ha continuamente cercato di andare al centro “moderando” le proprie posizioni politiche. Su questa strada è stato sciolto il Pci, è stato fatto il Pds, poi i Ds, poi il Pd. Il tutto per essere affidabili, prendere il governo del Paese e da lì cambiare le cose.
Risultato: il partito nato dalle ceneri del Pci - il Pd - è guidato da un ex Dc ed è più piccolo del Pci dell’ultima fase. In compenso le destre non sono mai state così forti, i lavoratori e la Cgil così isolati e in un angolo. Un vero capolavoro.Forse è il caso di scegliere un’altra strada. Di ricostruire una sinistra e un partito comunista che non abbiano paura di essere tali. Che dicano forte e chiaro che anziché spendere i soldi per acquistare 131 aerei da guerra F-35 (14 miliardi di euro) si poteva cercare di garantire un futuro a tutti i precari; che anziché dare il via libera per costruire il Ponte sullo Stretto di Messina (7 miliardi di euro) si potrebbe ammodernare tutto il sistema ferroviario del meridione. Una sinistra e un partito comunista che ricomincino a dire chiaramente che senza il superamento del capitalismo non c’è soluzione che tenga, che questa crisi non è causata da un qualche mattacchione che ha esagerato in borsa, ma da un capitalismo stesso che produce sempre più beni, che però i lavoratori non possono acquistare perché hanno i salari troppo bassi e che, come in passato, potrebbero essere distrutti con una guerra.
Un importante strumento che abbiamo è anche l’appello al voto per la nostra lista, primo firmatario Pietro Ingrao e sottoscritto tra gli altri da Paolo Rossi, Mario Monicelli, Massimo Ranieri, Edoardo Sanguineti, Gianni Ferrara, Vauro, Massimo Carlotto, Piergiovanni Alleva, Ivan Della Mea e moltissimi altri. Facciamolo conoscere.
Usiamo questi ultimi giorni per parlare con tutti, per portare i nostri argomenti. Su la testa. Ce la faremo.
da "Liberazione" del 3 giugno 2009
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