lunedì 11 maggio 2009

"Il mio voto alla lista comunista per un'Europa dei diritti"

Intervista a Gianni Ferrara
professore emerito di diritto costituzionale (Liberazione, 11/05/2009)

«Sono rimasto molto desolato dalle modalità e dai risultati del congresso di Chianciano. Ora però bisogna prendere atto di quel che è accaduto e impegnarsi per cercare di far sì che non scompaia dall'orizzonte politico italiano una forza come Rifondazione comunista». Gianni Ferrara, professore emerito di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, argomenta così il proprio voto per la lista comunista alle prossime elezioni europee. «Perché questa è l'Europa che ha come principio fondamentale solo il dogma dell'economia di mercato e della libera concorrenza - continua - Una formula ripetuta allo spasimo in tutti i trattati. E io credo che solo nei grandi spazi continentali sarà possibile costruire un'alternativa a questa società».

Una volta ancora le sinistre si presentano divise alla sfida elettorale. In una recente intervista Bertinotti sostiene la duplice esigenza di una "tabula rasa" e un "big bang" che rianimino la sinistra, dichiarando che alle europee il "tanto peggio" potrebbe persino essere "tanto meglio" e rimproverando(si) di non aver dato vita a un nuovo soggetto unitario dopo Genova…
Mi pare un po' eccessivo. Anche perché Genova non fu proprio la presa del palazzo d'inverno; anche su questo occorrerebbe ristabilire le debite proporzioni. Detto questo, ho molta stima e profondo affetto per Fausto, ma non sono d'accordo con lui. Perché credo che le ragioni per cui la sinistra è ridotta così siano molte di più, e più profonde, di quelle a cui si riferisce lui. A cominciare da quelle che hanno impedito di metabolizzare la sconfitta storica subita nel 1989. Aveva ragione Willie Brandt quando, riferendosi in particolare alla socialdemocrazia, diceva che il crollo dell'Urss avrebbe travolto anche altri filoni del movimento operaio.
La sinistra è stata travolta, eppure non solo non si intende sul da farsi, ma neppure su quel che è accaduto?
Il motivo per cui sono rimasto deluso dal congresso di Chianciano è che a mio avviso non ha tenuto in nessun conto quel che è successo in Italia con le elezioni del 2008.

Riguardo alla sconfitta sonora della sinistra o anche all'affermazione della destra?
Con le scorse elezioni è cambiato il regime politico nel suo complesso. Non abbiamo più una democrazia rappresentativa come è stata disegnata attraverso la Costituzione: è diventata una monocrazia elettiva. Si elegge il capo del governo, al quale vengono poi attribuiti tutti i poteri. E infatti Berlusconi si lamenta di non averli, si lamenta di non avere potere legislativo. Il contrario di quanto affermato in due secoli di dottrine costituzionali. E' cambiato lo spirito profondo della maggioranza del paese, è cambiata la testa dei governanti, è cambiato l'insieme dei fini dello stato, che non sono più quelli stabiliti dalla Costituzione.

Ma non è accaduto da un giorno all'altro con le scorse elezioni…
Con le ultime elezioni si è compiuto un disegno cominciato nel '93, un disegno eversivo che io chiamo gollismo referendario. E' di questo occorreva discutere. Rifugiarsi nella questione delle identità, identità comunque astratte rispetto alla fase concreta dello sviluppo economico e sociale, mi è sembrata una fuga fuori del campo di lotta.

Un rimprovero rivolto a tutto il Prc di ieri e di oggi...
Sì, a tutti. E comunque sono convinto che la scissione sia stata un errore. Ora però bisogna prendere atto di quel che è accaduto e cercare assolutamente di fare in modo che Rifondazione non scompaia dalla politica in Italia e in Europa.

Proprio nel contesto europeo la crisi della sinistra italiana appare in controtendenza. Perché in Francia o Germania ci sono formazioni di sinistra che riconquistano consensi e in Italia sono invece così in difficoltà?
Perché gli errori commessi in Italia sono molto gravi. Il partito italiano che corrisponde ai socialisti francesi, per esempio, il Pd, è un partito che ha accettato fino in fondo il neoliberismo, che non ha altro da dire se non plaudire al trattato di Lisbona. Cosa che in Francia non accade, perché parte del Ps si è opposto all'ideologia su cui è costruita l'Europa sin da prima di Maastricht, cioè il liberismo. Secondo me è di questo che bisognerebbe trattare in questa campagna elettorale. E mi sembra che sia quello che si propone il Prc con la lista realizzata insieme al Pdci e Socialismo 2000, i cui eletti faranno tutti parte della Sinistra europea e non del Pse.

Una critica indiretta a Sinistra e libertà, di cui alcuni esponenti sono iscritti al gruppo socialista?
Mi riferisco anche a loro. Il Pse è il partito di coloro che hanno introiettato l'ideologia neoliberista, facendone strumento e stella polare della propria azione politica. Pensare che il mercato possa autoregolarsi significa avere una visione aberrante. Perché mai il capitale non dovrebbe avere bisogno di norme regolatrici? Tutto questo infatti è in crisi: dappertutto si chiede un intervento pubblico per salvare il salvabile. Anche nel paese egemone sul mondo, gli Usa, c'è un presidente che non mi pare voglia insistere ciecamente sulle direttrici del neoliberismo. Mi pare quindi che si debba votare per chi sicuramente si oppone a questa Europa, che non è un'Europa dei diritti.

Il fatto è proprio che la difesa dei diritti è spesso contro l'Europa. Questo non è un paradosso?
Per difendere i diritti essi dovrebbero essere tra i principi fondativi dell'Europa. Invece non lo sono. Il costo dei diritti sociali, per esempio, rappresenta in realtà un costo da ritenere assoluto, tale cioè da poter essere pagato dall'Unione? No, l'Europa non lo garantisce. Il mercato libero è l'alfa e l'omega dell'ordinamento europeo. Poi ci sono le chiacchiere che magari esaltano la coesione sociale. Ma bisogna vedere nel concreto come viene trattato, ad esempio, il diritto di sciopero. I diritti sociali sono riconosciuti come diritti dei singoli stati, ma non fatti propri dall'Unione. Agli stati si demanda le modalità attraverso cui i diritti sociali possono essere tutelati, ma sempre nei margini stabiliti dell'economia di mercato, senza mai fare di quei diritti l'obiettivo e il presupposto della legislazione. Non è un caso che poi i trattati vengano bocciati, com'è accaduto a quello costituzionale in Francia e Olanda e a quello di Lisbona in Irlanda. Il problema che abbiamo è precisamente quello di tutelare i diritti. Anche perché l'Europa si identifica come idea e missione con i diritti. Ma questa missione non è esercitatile se l'ordinamento dell'Europa è fondato su un principio diverso e, nel caso specifico, sull'economia capitalistica.
C.R.

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